«Coloro che ingiustamente, in nome del jihad, della religione e dell'Islam uccidono e compiono azioni violente ed estremiste, provocano l'islamofobia, che lo vogliano o no». Chi avrà osato pronunciare una frase così limpidamente scorretta dal punto di vista politico a due giorni dal massacro di Parigi? Matteo Salvini? Marine Le Pen? Michel Houellebecq? Ma no: lo ha detto Hassan Rohani, il presidente della Repubblica Islamica dell'Iran. Andiamo avanti con un'altra frase che se fosse uscita dalla bocca di un politico o di un intellettuale europeo «non omologato» avrebbe provocato come minimo uno sbocco di bile a Pippo Civati o a Massimo D'Alema: «I gruppi terroristici hanno offeso l'Islam e il profeta Maometto più dei libri, dei disegni e dei filmati». Il misterioso signore altri non è che lo sceicco Hassan Nasrallah, capo delle milizie sciite libanesi Hezbollah.
Non è detto che i due leader dell'Islam sciita siano degli esempi di sincerità. Rimane il fatto che comparare le loro parole con gli esercizi di arrampicata sui vetri eseguiti da certi maestri nostrani di distinguo «de sinistra» in merito alla strage di Parigi fa una certa impressione. Da Laura Boldrini a Federica Mogherini a Cécile Kyenge è tutto un raccomandare di distinguere tra «gli assassini e il vero Islam», che naturalmente è una religione di pace e amore - e si vergogni chi lo mette in dubbio. Corrado Augias ha voluto ricordare a cadaveri caldi che «Charlie Hebdo era un giornale a volte sgradevole e provocatorio», che bersagliava le religioni e gli uomini politici senza guardare in faccia a nessuno. Ecco, forse «gli ebrei un po' meno». Anche qui, l'avesse detto Salvini, immaginate il profluvio di sacrosanta indignazione? Ma la vera maestra resta la già ricordata Boldrini, che si è spesa fino allo sfinimento per farci comprendere quanto sia opportuno evitare il rischio che a giovarsi del sangue versato dai giornalisti francesi siano la maledetta destra lepenista in Francia e la maledettissima Lega in Italia: insomma come possono essere dei veri musulmani quei pazzi sanguinari che alimentano con le loro azioni islamofobia e fascismo strisciante?
Niente da fare. Per trovare del buon senso su questa orribile vicenda bisogna rivolgersi oltrefrontiera. Dove magari qualche musulmano illustre trova il coraggio di chiamare le cose col loro nome. È il caso di Abdelfattah al-Sisi, il presidente egiziano che parla con cognizione di causa avendo in casa gli estremisti Fratelli Musulmani. Sentitelo un po': per lui il mondo islamico «non può più essere percepito come fonte di ansia, di pericolo, morte e distruzione per il resto dell'umanità». Le guide religiose dell'Islam devono «favorire una rivoluzione religiosa». Obiettivo lo sradicamento del fanatismo e la sua sostituzione con una visione più illuminata del mondo. Al-Sisi trova il coraggio di dire che è stata «la sacralizzazione di un pensiero erroneo» a condurre l'intera comunità islamica a inimicarsi il mondo intero.
E davanti ai silenziosi leader dell'università islamica al-Azhar del Cairo conclude con un'esortazione: «È mai possibile che un miliardo e 600 milioni di persone pensino di poter vivere solo se eliminano il resto dei 7 miliardi di esseri umani? No, è impossibile!». Più probabile che presto o tardi eliminino lui, purtroppo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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