E, alla fine, se ne va anche il «rottamatore». Franco Massi - segretario generale del Cnel, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro già chiamato «terza Camera», ma ancora oggi considerato una specie di macchina mangiasoldi pubblici- è stato promosso, con lo stesso incarico, alla Corte dei conti e abbandona, così, la nave alla deriva dopo aver combattuto per sette, lunghi, anni contro i mulini a vento dell'inerzia e del parassitismo dello Stato.
Lui rifiuta ogni dichiarazione e dice che non è così, ma a qualcuno il trasferimento è sembrato una specie di «promoveautur ut amoveatur» per togliersi di mezzo uno che, dall'interno, faceva le pulci allo stesso Consiglio. Quando Massi arrivò, nel 2010, il Cnel era, più o meno, lo stesso del 1957: in quell'anno mosse i primi passi per promuovere leggi in materia di economia e di lavoro. Oltre mezzo secolo trascorso, con la sola parentesi del decennio di De Rita, in completa balìa della triplice sindacale (Cgil-Cisl-Uil) che ha da sempre considerato la sede di Villa Lubin la sua «casa naturale» con il silenzio-assenso di Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, Coldiretti e associazioni minori. Proprio nel 2010 il Governo Berlusconi intervenne per cercare di mettere un argine alle spese del Cnel, assolutamente fuori controllo, e, nel tentativo di cambiare la situazione, decise d'inviare il classico «prefetto di ferro» (appunto Massi), che proveniva proprio dalla magistratura contabile. Il nuovo segretario generale si è, però, trovato subito di fronte ad una specie di muro, a cominciare dai vertici di allora, che ha frenato la sua azione di moralizzazione e di risanamento. Eppure, nel frattempo, la Procura della Corte dei conti aveva messo sotto inchiesta e rinviato a giudizio (la sentenza dovrebbe essere imminente) per «gravi sperperi pubblici» il presidente di allora, Antonio Marzano, i suoi due «vice», tutti i presidenti di commissione e i segretari generali.
La situazione non è cambiata anche dopo l'uscita di scena di Marzano e del successore provvisorio Salvatore Bosco. Anzi, il nuovo presidente «facente funzioni», il confindustriale Delio Napoleone (famoso per aver disatteso l'invito di viale dell'Astronomia di lasciare il Cnel - dopo aver superato lo scoglio del referendum del 4 dicembre 2016 è tornato all'attacco di Massi. Obbiettivo nuovamente fallito: il vertice si è, anzi, beccato una nuova inchiesta della Corte dei conti che ha anche chiesto la restituzione delle «diarie» indebitamente percepite nel 2011 e nel 2012. Oggi, alla guida dell'ex terza Camera, c'è Tiziano Treu.
Già ministro dei Trasporti con D'Alema e del Lavoro con Dini e Prodi, oggi il professore ha un compito quasi impossibile: fare risorgere il Cnel. Compito ancora più difficile perché Treu non potrà più contare sulla collaborazione di «Torquemada Massi». Chi vivrà, vedrà: la «telenovela» continua.
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