Finora era un meraviglioso abuso edilizio, visitato da 4 milioni e mezzo di persone all'anno, nonché patrimonio dell'Unesco. Un abuso anche ben visibile, svettante nel cielo di Barcellona (e in continua crescita). Ieri la svolta: a 136 anni dalla posa della prima pietra, la Sagrada Familia è finalmente in regola con i permessi edilizi. E a breve comincerà a pagare le tasse. Salate, a dire la verità, e dopo più di un secolo di «evasione» non poteva essere altrimenti: la cattedrale verserà al comune catalano 36 milioni di euro, diluiti in 10 anni. La sindaca Ada Colau, che da due anni è impegnata nelle trattative, ha parlato di «giornata storica».
La monumentale basilica, consacrata nel 2010 dall'allora Papa Benedetto XVI, è il capolavoro di Antoni Gaudì, che la progettò e ne seguì i lavori di costruzione, iniziati nel 1882, fino alla tragica morte sotto le ruote di un tram, nel 1926. A discolpa dell'architetto, bisogna dire che lui i permessi li aveva ottenuti. Il problema è che il territorio su cui sorge la Sagrada Familia a quel tempo era di competenza di Sant Martì de Provençals, piccolo paese solo in seguito accorpato a Barcellona, che quindi non ha mai autorizzato in alcun modo il cantiere. L'equivoco è venuto alla luce nel 2008, con la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità prevista proprio a due passi dalla basilica. Da lì la vertenza tra il Comune e l'ente responsabile dei lavori. Che, attraverso il presidente Joan Rigol, per un decennio ha tentato di resistere alle pretese dell'amministrazione comunale: «Non si può dire che la Sagrada Familia sia stata costruita clandestinamente - ha ironizzato in un'intervista - e il silenzio amministrativo ha lasciato intendere che i permessi esistessero».
I 36 milioni che ora la basilica deve versare serviranno per compensare le spese sostenute in questi anni dalla città: 22 milioni andranno al trasporto pubblico, 7 per costruire un accesso diretto dalla metropolitana alla basilica e 4 per la riqualificazione del quartiere. Sembra che ciò su cui si è faticato a trovare la quadra fosse proprio la cifra per saldare il «debito», anche se per quest'anno la cattedrale prevede di incassare 80 milioni (di cui 50 andranno per il prosieguo dei lavori). Due i traguardi a cui guardano i progettisti: il 2022, quando saranno terminate le torri mancanti - tra cui quella di Gesù, di 172 metri, che sarà la cima più alto di Barcellona - e il 2026, data della consegna dei lavori ultimati (e centenario della morte di Gaudì). Ma le divergenze, tra la città e la Sagrada Familia, non finiscono qui. Da risolvere c'è ancora il nodo della scalinata d'accesso che Gaudì aveva immaginato in corrispondenza della facciata della Gloria, la più importante.
Per realizzarla bisognerebbe espropriare due isolati di case e negozi. E la sindaca Colau non ha intenzione di farlo, sia perché costerebbe una fortuna, sia perché tra 6 mesi a Barcellona si vota e la mossa rischia di farle perdere troppi consensi. La saga prosegue, almeno fino al 2026.
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