Roma - La legge Severino parla chiaro, le sezioni unite della Cassazione ancora di più. E da ieri è ufficiale il verdetto e la motivazione, con la quale si attribuisce al giudice ordinario e non a quello amministrativo il diritto di applicare le norme su eleggibilità e candidabilità.
Il quadro è questo: il consiglio dei ministri dovrà sospendere Vincenzo De Luca se diventerà governatore della Campania, subito e «senza alcuna discrezionalità», proprio come il prefetto che lo ha a suo tempo sospeso da sindaco di Salerno.
Ma lui, il campione del Pd per la presidenza della Regione, sta per chiudere la campagna elettorale contro lo sfidante di Fi Stefano Caldoro e gioca la sua carta. Facendo un'affermazione che appare senza basi giuridiche: «Non verrò sospeso. Quando il popolo avrà scelto, ogni problema svanirà. Il problema della Severino è superato: la legge non è applicabile a chi viene eletto per la prima volta. È la mia opinione suffragata da giuristi».
Replica uno dei più esperti in materia, l'avvocato Gianluigi Pellegrino, che ha presentato il ricorso in Cassazione sul caso De Magistris per il Movimento difesa dei cittadini: «Il distinguo - dice a Il Giornale - tra prima e dopo, la legge lo fa solo per i reati di natura privata, non per l'abuso d'ufficio per cui è stato condannato De Luca. La Cassazione spazza via ogni dubbio, anche per ricorsi successivi, dicendo che la Severino limita a 18 mesi la sospensione e così bilancia il diritto all'elettorato passivo con quello al buon andamento dell'ente locale».
Eppure, De Luca fa capire che dalla sua parte c'è Matteo Renzi, ricorda che per il premier «chi vince governa» e sembra convinto che per salvarlo dalla sospensione, in caso di vittoria, il governo potrebbe intervenire addirittura con un decreto legge, per fare alle norme una specie di «tagliando», come l'ha definito il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone. «Ho la vaga sensazione - dice - che dal primo giugno quell'articolo della Severino non esisterà più. Lede il principio costituzionale che vuole i cittadini tutti uguali di fronte alla legge. Se fossi un parlamentare, non esisterebbe problema e anche se fossi un non eletto, ad esempio un viceministro».
Gli viene in aiuto, dopo il vice di Renzi Lorenzo Guerini, anche il ministro Maria Elena Boschi: «La sentenza della Cassazione nella sostanza non cambia nulla. Secondo la Severino De Luca è candidabile ed eleggibile. È stato scelto dai campani con le primarie e sono convinta che lo sceglieranno anche come presidente della Regione».
Il governo, dunque, vuole dare l'impressione che anche dopo la sentenza della Cassazione, che rende più difficile per lui vincere e in tempi brevi un eventuale ricorso, De Luca non decadrà subito. Fa pensare che adotterà la strategia dei tempi lunghi per favorirlo, giocando sui diversi passaggi (tribunale-prefetto-governo-prefetto-consiglio regionale) per consentirgli di nominare un vice prima di entrare nel limbo della sospensione. Tutto, in attesa della Consulta, che il 20 ottobre discuterà il ricorso della Corte d'appello di Bari per un caso simile, l'unico a lui favorevole.
«Chi consiglia Renzi - avverte l'avvocato Pellegrino -, gli ricordi che chi ritarda un atto d'ufficio per dare un vantaggio ad altri commette abuso d'ufficio».
Anche il M5S avvisa il premier, con un esposto alla Procura di Salerno, indirizzato anche a Consiglio dei ministri e titolare dell'Interno. Chiede a Renzi, «che si trova in evidente conflitto di interessi, essendo anche il segretario del Pd, di intervenire immediatamente per risolvere questa situazione paradossale». La candidata grillina alla presidenza della Campania, Valeria Ciarambino aggiunge: «Solo 3 cittadini su 10 sanno che De Luca verrà sospeso. Questo vuol dire ingannarli».
Nell'ordinanza, la Cassazione sottolinea che il prefetto non ha discrezionalità nel decretare la sospensione in base alla Severino, che «opera di diritto al solo verificarsi delle condizioni legislativamente previste e per il tempo previsto dal
legislatore». Allo stesso modo, anche quello del governo appare un atto «dovuto» e in tempi solleciti. Salvo che, ancora una volta, non si cerchino «scappatoie», come teme il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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