Se i nostri ragazzi uccidono per scherzo

Se i nostri ragazzi uccidono per scherzo

Una specie di filastrocca diventata di moda durante l'italianizzazione delle feste di Halloween ripete in reframe «dolcetto o scherzetto». Dei dolcetti non saprei, diete a parte. Ma gli scherzetti sembrano essersi moltiplicati soprattutto nel mondo dei giovani e dei giovanissimi.

Purtroppo si tratta di scherzi che a parte il riferimento agli omonimi programmi televisivi non hanno nulla di serio ma neanche nulla di innocuo. Pensiamo allo scherzo col quale un quindicenne, volendo spaventare la madre, la schiaccia con la portiera della macchina, facendo retromarcia, ne provoca la caduta e la morte. Oppure ai due giovani di Monopoli che dicono di aver fatto uno scherzo, gettando dalla scogliera nel mare due anziani, ultrasettantenni, uno dei quali affogato. A Padova un sedicenne punta un fucile contro il padre per spaventarlo, ma spara e lo ammazza. Anche dall'altra parte del mondo, negli Stati Uniti, una ragazzina di tredici anni si finge morta per vedere la reazione del fidanzatino, che si toglie la vita.

Sembra che una certa giocosa impulsività, accompagnata a una ludicità goliardica adolescenziale, si sia trasformata in una sostanziale irresponsabilità di fronte alle conseguenze dei propri gesti. Max Weber parla di contrapposizione tra etica delle intenzioni ed etica delle responsabilità. Come ben si sa, di buone intenzioni è lastricata la via dell'Inferno. L'idea che tutto possa essere buttato in scherzo, riso e gioco in una dimensione in cui l'adolescenza si prolunga fino alla menopausa e all'andropausa sembra diventato uno stile di vita molto diffuso anche al di là della mezza età. Ma l'etica della responsabilità ci ricorda che ogni gesto ha una conseguenza. Come in fisica, ad ogni azione corrisponde una reazione di stessa forza ma di segno contrario. Oggi, gli adolescenti sono abituati a vivere in un'iper-realtà che non conosce le leggi della realtà vera. Quindi, se in un videogioco si può puntare un'arma contro un altro individuo virtuale, che non muore, allora anche nella vita reale tutto è possibile. Ed è la stessa dinamica che si innesca nel cyber-bullismo, in cui il filtro dello smartphone rende una vittima meno reale.

Accettare questa ponderalità implica l'accoglienza della logica. La logica è un'etica del pensiero, esattamente come l'etica è una logica del comportamento. E sembra proprio che sia un deficit di logica che fa sì che oggi i giovani, tristi come non mai, pensano di scherzare con i valori fino a produrre effetti che in qualche caso hanno come esito l'irreparabilità della morte ma in molti altri casi una vacuità che li rende ancora più tristi. Che cosa rende tristi gli adolescenti? L'assenza di vergogna, che il filosofo tedesco Günther Anders definisce prometeica.

Una vergona che deriva dall'arretratezza umana rispetto alla tecnologia che noi stessi abbiamo creato. Si tratta di una tecnologia che avanza ogni giorno di più, lasciando il suo creatore inerme e indifeso. Che cosa significa? Semplicemente che gli adolescenti, nonostante abbiano tutto, si annoiano.

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