"Se non vai a messa sei uno scemo"

Papa Francesco conia l'ultima "Francescata": "Che sciocchezza rinunciare a incontrare Dio solo perché si è stanchi"

"Se non vai a messa sei uno scemo"

Bisognerà parlare di francescate, presto o tardi. E di questa nuova lingua - linguaggio dei gesti e delle parole - in tutto e per tutto franceschese. Il Papa venuto «dalla fine del mondo» e dai confini miserabili dell'umanità, questo papa pur sempre gesuita, ma sinceramente pop, sta curando molto la divulgazione della sua idea di pontificato e di pastorale, al di fuori - al di sopra - degli schemi, nemmeno a parlarne dei protocolli.

Il mondo, colto ogni volta di sorpresa, fatica a prendere il passo. Ancora non ci eravamo ripresi dalla famosa scenetta in aereo, «se il dottor Gasparri, grande amico, dice una parolaccia contro la mia mamma, lo aspetta un pugno, è normale, è normale...», quando improvvisamente ne arriva a ruota una della stessa specie, durante la visita domenicale alla parrocchia romana di Pietralata. «C'è chi dice io non vado a messa perché sono stanco. Io dico: sei uno scemo. Perché sei tu che perdi. Se vai a messa ricevi Gesù e sei più forte per lottare nella vita». Così, papale papale.

Ovviamente siamo in molti a sentirci scemi. Ma non c'è come sentirselo dire direttamente dal vicario di Cristo. Questo è il classico caso che ci mette di fronte al bivio, proprio come quando il dito indica la luna: qualcuno si ferma al dito, qualcuno prova a scrutare la luna. Nel caso dello «scemo», molto poco ortodosso, molto poco curiale, possiamo tranquillamente riprendere la tiritera su questo strano Papa, tanto bravo e tanto caro, così umano e così umile, tu pensa che si porta da solo la cartella e continua a calzare le scarpacce di quand'era prevosto, però diciamolo, certe volte si lascia prendere la mano, come si fa a parlare di pugni in piena bufera «Charlie Hebdo», significa legittimare la violenza, un Papa dovrebbe misurare le parole, adesso poi dare dello scemo a chi non va a messa...

Ecco, potremmo proprio usare anche lo «scemo» per continuare indefessi, come diligenti farisei, a fissare il dito, lanciando contro il Papa imprudente e screanzato qualche anatema dei nostri, ma santo cielo, come fa un Pontefice a dare dello scemo al prossimo, non siamo mica al bar, hanno ragione quelli della curia vaticana a temere la dissacrazione e lo svilimento del ruolo. Per chi vuole fermarsi alla forma, c'è davvero tutto il terreno. Non è accettabile, proprio non è concepibile, che un Papa si atteggi e si esprima come un curato di estrema provincia, peggio, come un facchino dei mercati generali.

Oppure. Oppure potremmo smetterla di stupirci, indignarci, accigliarci, e finalmente accettare quello che di sconvolgente è successo negli ultimi tempi: la Chiesa, molto prima e molto meglio della società civile, ha saputo trovare dentro di sé l'uomo giusto al momento giusto. Guardando la luna che il suo dito indica, si vede quanto gli stia a cuore un rapporto diretto con il popolo, senza i filtri di vuote liturgie e di astrusi eufemismi, buttando a mare la forma per puntare dritto alla sostanza. Bisognerà farsene una ragione, per forza o per amore: ciascun Papa è fatto a modo suo. Dopo il raffinato teologo Ratzinger - per la cronaca accusato di non essere comunicativo e diretto: servirebbe un pastore con più calore e più umanità, s'era detto -, dopo il Papa così colto da diventare quasi criptico, ecco la Provvidenza provvedere immediatamente per compensazione, inviando al sacro soglio una guida che usa le parole della sua gente, che a chi non va a messa dice paternamente sei uno scemo, non sai cosa ti perdi, come un'ovomaltina dello spirito e si riparte di slancio.

Via, non è poi così astrusa e choccante, la metafora dello scemo. È un'accorata esortazione a favore dello scemo, perché non si lasci sfuggire l'occasione d'oro per essere meno scemo. È persino avvilente dovercelo spiegare. Quale sarebbe il problema: troppo forte? Troppo esplicito? Troppo volgare? Francesco viene dalle favelas e dai sobborghi metropolitani, tra quella gente si è sempre sentito uno di quella gente, è sempre a quella gente che pensa di parlare con il suo linguaggio brutalmente ed efficacemente universale.

Se qualche dotto e qualche erudito lo trovano di bassa lega, poco divino, il problema non è del Papa: è del dotto e dell'erudito. Evidentemente hanno capito pochino di tutto quanto hanno studiato. Proprio non riescono a guardare oltre il dito, dov'è il fulgore illuminante della luna.

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