Se il Pd rimpiange la rivoluzione d'ottobre

Sfregio al Senato: il dem Marco Tronti ha così tanta nostalgia della Rivoluzione bolscevica da ricordarla ieri in Aula

Se il Pd rimpiange la rivoluzione d'ottobre

Hai voglia a dire che la Sinistra di oggi è «un'altra cosa» rispetto al più nostalgico comunismo. Mentre il Politburo del Partito democratico si affanna in cambiamenti di direzione, rottamazioni, superamenti al centro - svolte blariane, svolte renziane, svolte macroniane - i vecchi compagni di lotta e di protesta non ce la fanno a non guardare indietro. A volte gli sembra di risentire l'Inno nazionale della gloriosa Unione sovietica cantato dal coro dell'Armata rossa. Le camicie bianche dei giovani leader e le divise rosse dei bolscevichi di ritorno.

Ieri, tra gli scranni democratici del Senato della Repubblica, il compagno Mario Tronti - militante di ferro del Pci, fondatore dell'operaismo teorico, autore d'un influentissimo Operai e capitale, una sorta di Manifesto di Marx ai tempi del Sessantotto, e oggi nostalgico senatore del Pd - ha gloriosamente esaltato i cento anni dalla Rivoluzione d'ottobre. Neppure a Mosca, in questi giorni, festeggiano il centenario. Commemorazioni sì, celebrazioni no. Eppure Mario Tronti ha preso la parola e - pur in termini di alta cultura e sapienza - sconcertando più di un collega, visibilmente emozionato ha inneggiato alla Rivoluzione di ottobre come «rivendicazione della pace, del pane e della terra», «una rivoluzione accerchiata e combattuta», accennando minimamente ai crimini commessi dai soviet e rivendicando «il valore liberatorio di quell'atto rivoluzionario».

Definendosi, con orgoglio, «figlio di quella Storia». Fiero dei cento milioni di morti del comunismo nato dalla rivoluzione. Il 1917 fu l'anno che mise fine a un impero secolare, generò una rivoluzione, inaugurò l'era del comunismo, cambiò - e non così in meglio come vogliono illudersi i compagni leninisti - il mondo intero. Le rivoluzioni, e quella rivoluzione in particolare, portano violenze, deviazioni, errori e crimini commessi nel nome di idee sbandierate sempre come superiori agli uomini. «I figli di quella rivoluzione sono gli sterminatori alla Pol Pot», ha fatto notare un esponente del centrodestra, forse semplificando, forse centrando la provocazione.

Certo è che - di fronte alle date di nascita delle grandi ideologie del Novecento, foriere di speranze e generatrici di orrori - il ricordo è una cosa legittima. I festeggiamenti fuori luogo. Soprattutto nell'Aula più alta della democrazia. L'anniversario è lungo. Seguirà dibattito (dentro il Pd).

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