Se le piccole vittime non sono tutte uguali

Perché la foto di quel neonato anonimo, pescato morto al largo della Libia, uno scricciolo tra le manone di un soccorritore, sono rimaste nel cassetto dei giornaloni?

Se le piccole vittime non sono tutte uguali

Ci sono immagini che sigillano di dolore un'epoca. Sono pochi byte, non intasano caselle di posta elettronica, ma pesano più di una montagna. Perché allora la foto di quel neonato anonimo, pescato morto al largo della Libia, uno scricciolo tra le manone di un soccorritore, sono rimaste nel cassetto dei giornaloni? D'accordo, la foto di Stefania Sandrelli che festeggia i 70 anni è certo degna della prima pagina del quotidiano più importante d'Italia, che è il Corriere, ma quel bimbo, perché no? Almeno nelle pagine interne, poterne essere commossi insieme con la famiglia dei propri lettori, anche se capisco: una foto così o è in prima pagina o vuol dire che non ti ha ferito. E se ti ferisce o la fai urlare davanti al mondo o la escludi, per non pensarci. Io non credo sia distrazione. È la linea che si impone per potenza subliminale, senza bisogna di veline del Minculpop. Vince l'opportunismo dello sguardo, che non incomoda il potere quando esso ha deciso che non c'è emergenza.

Si è voluto cancellare la foto per rispetto di quel bebè? Ma no. Quell'essere adagiato in mano grandi valeva come una corona di rose. Qui non voglio annunciare la nostra superiorità morale, figuriamoci. Ma resta il fatto, anzi il non-fatto. E alla fine la conferma che viene proprio dalla rinuncia. Se c'è una prova dell'emergenza e del fatto che la traversata dei disgraziati sia fuori controllo consiste nel non aver pubblicato una foto che l'avrebbe svelato. Lo scandalo di quella immagine sta nello stridore tra la realtà di morte e l'apparenza di dolcezza.

Come tanti ho pensato, vedendo in prima pagina quel piccino: «Dio mio, si è salvato, riposa». Era morto, il non-Mosè, il non-salvato dalle acque. E a osservare meglio il volto del soccorritore, doveva avvertirci, non era stanchezza la sua, ma dolore senza lacrime. Domanda ripetuta. Perché una foto così si è fermata in Italia solo sulla prima pagina del Giornale e della Stampa? Su Libero e il Giorno nelle pagine interne. Repubblica e Corriere niente. Il grido del piccolo Aylan, esanime sulla spiaggia turca di Bodrum, il 3 settembre scorso, ha avuto altro destino. Ha costretto l'Europa a rendersi conto. Ma l'Europa si è mossa solo sul versante balcanico, per bloccar il flusso di profughi verso la Germania, verso il Nord. Si sono investiti miliardi per i campi in Turchia. Dichiarare l'emergenza non significa rinunciare a soccorrere. Ma bloccare le partenze. Non è più tollerabile che Renzi riduca l'allarme sull'immigrazione a una schermaglia di battute. Il premier invece che limitarsi alla commiserazione e al rimprovero peloso di chi dà voce a questa tragedia in termini a lui sgraditi, ha il dovere di proporre soluzioni. E deve avere l'onestà di ammettere che continuando così avremo a che fare con questi morticini a lungo. Ad esempio. Il governo di Tripoli oggi è favorevole a ridare vigore agli accordi del 2009 sottoscritti da Berlusconi e Gheddafi.

Essi sono osteggiati da Egitto, Francia, Gran Bretagna, Emirati in complicità con il governo di Tobruk, che puntano al tanto peggio tanto meglio. Oggi, chiusa la rotta balcanica, bisogna procedere a bloccare le partenze. Si impedirebbe lo spettacolo infausto di altri Non-Mosè. E si eviterebbe il collasso sociale dell'Italia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica