Una media di cento persone recuperate dalle acque a ogni operazione. Così nelle ultime ore si arriva a 1.600 migranti soccorsi nel canale di Sicilia, mentre i vertici dei Paesi europei siglavano a Malta l'accordo con la Libia per frenare le partenze dei barconi. Sono cifre più vicine a quelle estive, che mai sono state registrate in questa fredda stagione. I politici si congratulano per l'accordo di giovedì a Palazzo Chigi tra premier Paolo Gentiloni e premier libico Fayez al Serraj, poi approvato nella Riunione informale dei Capi di Stato dell'Ue a Malta, ma i flussi d'arrivo sulle coste rimangono imponenti.
La nave Aquarius con 783 migranti dovrebbe sbarcare stamattina ad Augusta, a Lampedusa attendono la motovedetta della Capitaneria di porto con 59 altri disperati e ce ne sono 312 a bordo di due mezzi navali della guardia costiera. Attende di sapere dove dirigersi la nave Corsi con 248 migranti e la Golfo Azzurro con 222. Venerdì sempre al porto di Augusta sono già arrivati in 128 sulla nave militare francese Cmt Bouan e il gruppo interforze della Procura di Siracusa ha identificato e arrestato 3 scafisti, accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Forse molti sapevano che lo stop agli arrivi era imminente e, nella notte tra l'1 e il 2 febbraio, hanno pagato 2500 dinari a testa per salire su un gommone e una barca che ha lasciato la costa tra Zawia e Sabrata. Non ci sono riusciti altri 431 africani, che la Guardia costiera libica ha intercettato.
Può funzionare, l'accordo che prevede formazione, attrezzature e sostegno proprio alla Guardia costiera libica e le altre agenzie competenti, oltre che sostegno per lo sviluppo delle comunità locali?
I 28 leader europei, alle prese con la Brexit e con la nuova politica di chiusura delle frontiere dell'amministrazione Trump, scelgono la Libia, come già la Turchia, per farne «le sentinelle d'Europa», creando lì campi profughi e cordoni di sicurezza per bloccare l'afflusso nel continente.
Caritas e Ong hanno già espresso critiche e riserve e ora arriva la bocciatura della Cei, che chiede al governo di ritornare sui suoi passi. «Si è siglato un accordo - dice monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes- con un Paese, la Libia, che è al di fuori del contesto europeo come in qualche modo poteva essere la Turchia; che non dà garanzie; che potrebbe semplicemente spostare gli sbarchi da Tripoli a Bengasi, territorio che non è sotto il controllo di Al Sarraj». Per Perego, la maggiore distanza di mare tra Bengasi e le coste può provocare più morti e così si «indebolisce la tutela del diritto d'asilo», scaricando ancora una volta «la responsabilità nei confronti di persone che sono in fuga da guerre, violenze, fame, povertà e terrorismo».
L'europarlamentare del Pd Cécile Kyenge, ex-ministro dell'Integrazione del governo Letta, parla di «un passo avanti dell'Ue nell'impegno comune sulla rotta del Mediterraneo», ma ne sottolinea i «punti critici». Ricorda che «i nostri nemici rimangono gli scafisti e i trafficanti di vite umane, non i migranti» e che «i campi in Libia sono veri e propri lager». Dunque, il piano della Commissione «può tenere solo a condizione che questi campi siano smantellati e costituiti nuovi campi di accoglienza sotto l'egida dell'UNHCR. Sarebbe assurdo salvare i migranti in mare, per rispedirli in questi lager». Gli accordi, accusa Maurizio Gasparri di Fi, «sono scritti sulla sabbia».
E il leghista Alessandro Pagano parla di «oltre 3 mila tra profughi e clandestini sbarcati sulle nostre coste negli ultimi giorni». Sulla rotta del Mediterraneo centrale ci sono stati oltre 181 mila arrivi nel 2016 e il numero di morti o dispersi in mare ha raggiunto un nuovo record ogni anno dal 2013.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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