Avviso ai lettori: non importa chi voi siate, quale storia abbiate o quale vita conduciate. Siete razzisti. E se non proprio di quelli brutti, cattivi e leghisti, stile picchiatori da “Bangla Tour”, comunque vivete in un ambiente dove “il razzismo è sistemico e istituzionale”. Una sorta di America negli anni dello schiavismo, però in salsa italiana. Lo sostiene Michela Murgia, oracolo del femminismo, secondo cui dire che “non tutti i bianchi sono razzisti” è un’affermazione che “nega la realtà”. Dunque ci rende tutti più o meno xenofobi.
Murgia prende spunto da tre recenti episodi, maneggiandoli con l’accetta di chi deve plasmarli per confermare la propria tesi. Il primo riguarda un medico dell’Inps aggredito a Chioggia. Brutta storia. Lui sostiene di essere stato attaccato per il colore della pelle (“negro di m…”), e non abbiamo motivo di dubitarne, ma certo avrà influito anche il fatto di aver pizzicato a spasso un lavoratore “malato” durante la visita fiscale. Di pestaggi ai danni di medici dell’Inps le cronache sono piene, sebbene facciano meno notizia. Lo scorso marzo, per dire, un dottore di Terni è stato aggredito da una donna di 62 anni, pure lei beccata fuori casa nonostante dovesse trovarsi malaticcia a letto. Il medico era bianco, ma le botte se le è prese lo stesso.
Ancora più strumentali appaiono gli altri episodi citati dalla timorata-dalle-divise. Prendete il caso di Moussa Balde: il giovane ghanese era stato picchiato in strada e, dopo i fatti, rinchiuso in un Cpr perché irregolare. Le autorità ne avevano disposto l’espulsione, come richiesto dalla legge, e lui si è ammazzato. Murgia lo considera un episodio razzista, ma si scorda di spiegare che il questore ha già “escluso completamente” il movente razziale. In fondo di pestaggi gratuiti in strada se ne registrano a bizzeffe, contro neri, bianchi, gialli, rider, preti, suore, barboni. Pensate: a Milano un tizio di 19 anni (per caso di origine marocchina) se ne andava in giro per la città a picchiare a destra e a manca senza un motivo valido. Solo per il gusto di farlo.
Che poi questo è nulla rispetto allo schifo di vedere sciacalli accatastarsi accanto al cadavere del povero Seid Visin. Se nei primi incerti giorni si poteva in parte capire la polemica politica, ora che si conosce la verità è insopportabile continuare a battere il chiodo del razzismo. Il padre di Seid sostiene infatti che il figlio non sia morto “perché si sentiva discriminato”, ma per colpa di altri demoni e fantasmi. E i giornali che fanno? Lo ignorano. Di più: lui diffida “chiunque dal sostenere questa fandonia” e loro se ne infischiano. Tirano dritti solo per attaccare Salvini o Meloni. Perché la lettera sarà pure vecchia di anni, ma per Murgia “dice cose ancora vere”, dunque fa buon gioco a chi deve sostenere lo Ius Soli di Letta.
Che diavolo c’entri tutto questo con la morte di un ragazzo non è dato sapere. Ma in fondo è una vita che Murgia & Co ci frantumano l’esistenza con la stessa retorica e s’inventano un Paese in cui le minoranze vivono in una “condizione di insicurezza” permanente. Ogni episodio è buono per disegnare un'Italia sull’orlo della furia fascista, omofoba e xenofoba (anche se poi le vicende spesso si rivelano tutt'altro: ricordate il caso dell'atleta presa a uova in faccia?). Alla fine, agiamo in un contesto in cui le idee non allineate al credo progressista vengono bollate come discriminatorie. È razzista chiedere di impedire gli sbarchi ai clandestini. Lo è rimpatriare gli irregolari. E lo è addirittura firmare accordi con la Libia. Non vuoi lo ius soli? Sei razzista.
Preferiresti concedere la cittadinanza solo dopo un ciclo di studi? Sei razzista, dice Murgia, perché lo ius culturae “subordina il diritto di essere riconosciuti al dovere di essere assimilati”. Chiedere agli immigrati di integrarsi: che orrore, eh. Questo sì che è odio "sistemico e istituzionale" con cui "tutti dobbiamo fare i conti". Ma fateci il piacere. E smettetela di speculare su un giovane suicida.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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