La sfida di Matteo a Di Maio: mi insulti ma io ti querelo

Il leader del Carroccio: «Chiedo l'incarico per un governo centrodestra-M5s. Prestiti e ricatti? Denuncio chi ne parla»

La sfida di Matteo a Di Maio: mi insulti ma io ti querelo

Il «parto», come lo chiama Matteo Salvini, è travagliato. Ma il leader della Lega rimane «testardamente ottimista», questo governo vuole farlo e solo con Luigi Di Maio. Dovrebbe tornare da lui, dopo aver «girato i forni e le panetterie» dem e averli trovati chiusi. «Dal mio punto di vista - dice - e quello di milioni di italiani, se c'è un governo, c'è tra chi ha vinto le elezioni. E quindi, l'unico possibile è quello centrodestra-M5s, con programma concordato».

É un invito a sedersi al tavolo per fare le riforme: pensioni, sistema giudiziario, fisco, lavoro e sistema scolastico. Per cancellare la legge Fornero, ed evitare il rialzo dell'Iva. Alternativa unica, il voto. Perché Salvini, per l'ennesima volta, scarta tutte le altre. Quella di un accordo con il Pd. «Non con chi ha perso le elezioni, con Renzi, Boschi, Gentiloni». Quella di un esecutivo di minoranza che cerchi i voti in parlamento. «Mi rifiuto di pensare a un governo che dipenda da 30/40/50 Scilipoti». Quella di un governo tecnico o di larghe intese. «I governi di tutti, giusto per fare poco o niente, non mi piacciono».

Malgrado tutte le porte sbattute in faccia, il leader del Carroccio ripete che i grillini non possono «rimanere arroccati sul monte». Il pressing su Di Maio è insistente. Quando il candidato premier 5 Stelle gli ripete il suo «mai con Berlusconi», dice che i patti lui li rispetta e che «se si vuole continuare a capricciare e litigare, a fare i bambini arroganti, vuol dire che la voglia di cambiare era finta, ognuno fa le sue scelte e proviamo a fare tutto da soli». L'appello alla responsabilità riecheggia quello pronunciato il Primo maggio dal presidente della Repubblica, come dice anche il neo-governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga.

In caso di fallimento dell'accordo con Di Maio, Salvini al Quirinale indica un'unica strada, rispettosa del voto, pur dicendo che non vuole «forzare la mano a nessuno»: «Se così non fosse proponiamo al capo dello Stato di darci l'incarico per provare a creare un governo che parta dal centrodestra». Gli fa eco il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana: «Mattarella dia l'incarico a Salvini». Lo stesso chiede Giorgio Mulè, portavoce dei gruppi di Fi.

Il segretario leghista si trova in visita a Genova per Euroflora e, tra un attacco e una lusinga, arriva ad offrire a Di Maio un fiore speciale e particolarmente «resistente», dedicato a Calvino: «La margherita Itala la porterò a Luigi, così magari dice faccio o non faccio, si lavora o non si lavora».

Lui, Matteo, vuole lavorare e da subito. Con gli alleati di Fi lancia un appello a tutte le forze politiche perché non siano «irresponsabili», dando l'immagine di un parlamento già in ferie ad oltre 50 giorni dall'elezione. Almeno si sblocchi l'attività per far lavorare le commissioni di Camera e Senato. Pensa ad un esecutivo «ponte», «balneare», che cambi il Rosatellum e faccia la manovrina chiesta dalla Commissione Ue, per andare alle urne a ottobre? O solo ad un intervento parlamentare? «Se si va ad elezioni - spiega -, si può andare con questa legge elettorale aggiungendo una sola riga: chi prende un solo voto in più ha la maggioranza garantita. Che sia una lista o una coalizione, io sono a disposizione». Insomma, non servono 18 mesi, basta molto meno. Come dice anche la presidente di Fdi Giorgia Meloni, chiedendo a Salvini e Di Maio di appoggiare la proposta di legge già depositata dal suo partito. «Basta acconsentire a che le commissioni speciali, già istituite, possano trattare anche questo argomento». Ma l'appello cade nel vuoto, il che fa pensare che mancherebbero i numeri per un intervento rapido e limitato sul Rosatellum.

Per Salvini, il voto è solo l'ultima via, preferirebbe di gran lunga l'accordo con il M5s. Anche se, alla fine, Di Maio gli fa saltare i nervi, insistendo sul presunto ricatto economico di Berlusconi nei suoi confronti.

Dopo aver evitato per ore di rispondere a «insulti e sciocchezze», sbotta: «Chiunque parli di soldi, prestiti, fideiussioni, regali e ricatti inesistenti a me e alla Lega, se finora è stato ignorato, da domani sarà querelato».

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