Prima le minacce, mai velate. Poi le prime avvisaglie e adesso le azioni immortalate dai droni dei servizi. Secondo un report dell'intelligence greca, in Turchia i trafficanti di migranti stanno facendo incetta di barche, gommoni e motori fuori bordo. Verranno verosimilmente utilizzati, nelle prossime settimane, per far transitare i tre milioni di migranti che Erdogan ha già annunciato di voler rispedire in occidente. Il rischio è che ciò possa avvenire al ritmo di tremila persone al giorno, con conseguenze drammatiche per quei paesi che sul Mediterraneo si affacciano, ovvero Grecia e Italia.
La notizia ha messo in allarme il ministero della Difesa di Atene, già alle prese con i quotidiani sconfinamenti aerei degli F16 di Ankara, anche perché non si tratterebbe di un gesto isolato dei trafficanti che, proprio sulle coste occidentali turche, hanno la base logistica da cui gestiscono le partenze, bensì della «naturale» evoluzione delle intenzioni di Erdogan. I natanti in queste ultime due settimane sarebbero stati allineati sulle coste e pronti a essere attrezzati per i ricchi viaggi.
Giovedì scorso, dopo la risoluzione del Parlamento europeo sul congelamento dei negoziati di adesione della Turchia, era stato il primo ministro Binali Yildirim ad avvertire i 28 che «siamo uno dei fattori che proteggono l'Europa e se i rifugiati attraversano i nostri confini, allora invaderanno l'Europa». Ora il rischio di una «tempesta perfetta» con rubinetti di migranti aperti dalla Turchia verso le isole dell'Egeo orientale, e con la moltiplicazione di altre Idomeni, ha tolto il sonno al governo di Atene, già alle prese con il nodo debito, che ha interpellato addirittura il Pentagono per decifrare i possibili rischi nel breve periodo. Le minacce di Erdogan questa volta non si sono limitate ai diritti in patria o ai reiterati annunci di voler trasformare Santa Sofia in moschea, ma hanno toccato anche capisaldi legislativi come il Trattato di Losanna sulla definizione dei confini nel mar Egeo che il presidente turco contesta, suscitando il panico tra gli isolani ellenici, al pari delle aziende legate al gas che speravano in una riunificazione di Cipro, su cui Ankara con pretese assurde ha di fatto messo il veto. La Grecia, è il messaggio che Atene ha inviato a Washington, corre seriamente il rischio di rimanere intrappolata, sia perché il costone balcanico è chiuso già a doppia mandata da Albania e Macedonia, sia perché il governo fatica a gestire i 50mila immigranti presenti oggi, figurarsi un'eventuale ulteriore ondata anomala. E l'Italia sarebbe coinvolta direttamente da questa mossa.
Chi non resta con le mani in mano sono i componenti del consiglio comunale dell'isola di Chios. Per una volta maggioranza e opposizione si sono compattati perché la strategia dell'esecutivo ha già azzoppato l'unica entrata dell'isola, ovvero il turismo. Il governo Tsipras avrebbe voluto creare un hotspot più grande, ma ancora senza interpellare gli amministratori locali. E non si placa la tensione nel paese, con un altro incendio scoppiato all'interno del centro di accoglienza migranti di Nea Kavala, nel comune di Kilkis: nessun ferito ma la consapevolezza che la situazione è davvero ingestibile anche per chi, come Tsipras, sconta dure critiche da chi lo ha rivotato un anno fa.
Le elezioni anticipate a febbraio 2017 sono più che un'opzione: non solo i conservatori di Nea Dimokratia dati in testa, ma Alba dorata che sfonda quota 10% e insidia Syriza al secondo posto, crollata al 13%.twitter@FDepalo
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