Ci risiamo. L'Italia è di nuovo nel mirino dell'ex presidente socialista cilena Michelle Bachelet. La Bachelet ci prova dallo scorso settembre quando, subito dopo la nomina ad Alto commissario per i Diritti umani delle Nazioni Unite, annunciò l'invio di osservatori in Italia per vigilare sulla diffusione del razzismo e sui divieti imposti alle Ong impegnate a traghettare migranti. Stavolta la Bachelet e il suo Alto commissariato anticipano addirittura gli eventi. Ancor prima della presentazione in Consiglio dei ministri del nuovo decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini, la Bachelet e i suoi sottoscrivono e divulgano un'indignata lettera di 11 pagine in cui si sottolinea la pericolosità della misura legislativa. Un'entrata a gamba tesa che Matteo Salvini liquida come degna di «scherzi a parte» e irrita persino il vice premier Luigi Di Maio pronto, ultimamente, a cavalcare ogni causa pur d'attaccare il rivale. «Mi sembra surreale - sostiene di Maio - che l'Onu commenti un decreto non ancora discusso in consiglio dei Ministri e che io neanche ho letto nel suo testo ufficiale». Anche il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi chiede chiarezza.
Ancor più surreale è, però la pervicacia della Bachelet nell'accusare l'Italia mentre del Consiglio Onu per i Diritti umani continuano a far parte nazioni intente a calpestare i diritti umani incriminando, incarcerando ed eliminando fisicamente i propri oppositori. È il caso di quell'Arabia Saudita accusata di aver fatto a pezzi l'oppositore Jamal Khashoggi, di detenere e torturare le donne colpevoli di battersi per i propri diritti e di aver mandato al patibolo decine di militanti sciiti tra cui alcuni leader religiosi.
Ma a far compagnia all'Arabia Saudita ci sono anche una Cina accusata di deportare milioni di musulmani in veri e propri lager, l'Egitto, le cui forze dell'ordine o i cui servizi di sicurezza sarebbero implicati nella morte di Giulio Regeni e quell'Eritrea di Isaias Afwerki che utilizza la coscrizione obbligatoria dai 18 ai 50 anni per controllare la popolazione maschile e garantirsi manovalanza a costo zero.
Ma a far più impressione, a fronte dell' attenzione per l'Italia, è il disinteresse con cui la Bachelet ha seguito la tragedia del Venezuela. Solo a metà marzo, dopo le critiche rivoltegli da Sebastian Pinera, suo successore alla presidenza cilena, s'è decisa a puntare il dito contro il regime di Caracas. Un regime a cui l' Alto Commissario di fede socialista ha sempre guardato con comprensione e simpatia. Una simpatia perfettamente in linea con gli standard di un Palazzo di Vetro dove si continua a riconoscere come ambasciatore del Venezuela Maria Gabriela Chavez, la figlia del defunto dittatore Hugo Chavez di cui Maduro è l'erede. La Chavez, in virtù delle fortune ereditate dal padre grazie al narco-traffico e alla razzia delle risorse petrolifere nazionali, controlla tutt'oggi, secondo la rivista Forbes, depositi per 4 miliardi di dollari nelle Andorre e negli Stati Uniti.
All'Onu del resto sono abituati a ben di peggio. L'Alto commissariato per i rifugiati, l'altra agenzia Onu sempre in prima fila nell'attaccare l'Italia, ha «segretato» per 17 anni un'indagine interna del 2001 da cui emergevano le responsabilità di 67 suoi funzionari impiegati nei campi profughi dell'Africa Occidentale dove la distribuzione di aiuti alimentari era condizionata allo sfruttamento sessuale di donne e bambini. Grazie ad una meticolosa operazione d'insabbiamento nessuno dei 67 responsabili è mai stato deferito all'autorità giudiziaria e soltanto dieci di loro sono stati licenziati. Allo stesso modo sono state sepolte le decine d'inchieste sugli abusi sessuali commessi negli ultimi 50 anni dai Caschi blu in Africa.
E una cortina d'imbarazzato silenzio è calata persino sulle molestie sessuali subite nel 2017 - in piena epoca #MeToo - da alcuni dipendenti dell'Alto commissariato per i rifugiati vittime di 31 loro focosi dirigenti.Ma la commissaria e compagna Bachelet, paladina della guerra al razzismo in Italia, di tutto questo preferisce, ovviamente, non parlare.
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