Massimo Arcangeli, è un linguistica e critico. Alle emoticon ha dedicato il suo ultimo saggio La solitudine del punto esclamativo. «I simboli classici come i nostri caratteri alfabetici sembra non bastino più a descrivere un mondo che si fa sempre più iconico - spiega - E non solo: su queste emoji si stanno strutturando intere grammatiche. Sono stati riscritti dei classici del passato, rielaborati in emoji, come Moby Dick».
Addirittura?
«L'Università di Macerata sta lavorando a un progetto per trasferire il Pinocchio di Collodi in emoji. Hanno già realizzato il primo capitolo. È come se ci trovassimo di fronte a un nuovo alfabeto. E Unicode rilascia ogni anno centinaia di emoji, stiamo anche arricchendo anche il patrimonio iconico del quale potremmo disporre».
Ma la comunicazione classica, allora, andrà a sparire?
«Sta già succedendo. Gli alfabeti di 20-21 caratteri, che siamo stati abituati ad usare per secoli, non bastano più».
Le emoticon servono anche a esprimere emozioni che con il testo non riusciamo a far percepire?
«Certo. Le emoji servono anche a questo, in un momento in cui la comunicazione si fa sempre più rapida: abbiamo sempre meno tempo di spiegare. Se pensiamo che il nostro messaggio possa non essere compreso, per essere sicuri, aggiungiamo un emoji. Evitano i fraintendimenti».
Aggiungono calore?
«Spesso l'ironia non è compresa. Ma le emoticon servono anche nei testi seri. Se noi facciamo seguire un testo serio da un emoji e anziché scrivere grattacielo, mettiamo l'emoji grattacielo, il testo verrà subito compreso».
Le difficoltà?
«Rappresentare il passato prossimo, il passato remoto».
Sarà la morte dell'italiano?
«No, ci sarà la nascita di un modello sempre più complesso, dove i linguaggi misti convergeranno. Aspettiamocelo perché è già così. Stiamo, di fatto, costruendo una grammatica nuova».
Un ritorno al passato, pensando al futuro?
«Sì, perché la storia è spiraliforme. Il passato non si replica mai, ma la storia ritorna.
Stiamo tornando a una potenza visiva che ci fa risalire a tantissimi secoli fa, a 40mila anni fa quando qualcuno ha pensato di disegnare sulle pareti delle caverne. C'è una grotta in Spagna, a Gibilterra, che ha al suo interno un disegno che rappresenta, in modo rudimentale, la più antica forma di cancelletto. E non è molto diverso da un hashtag». SM
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