Il sostegno occulto ad Alitalia dato con l'affare "aereo blu"

L'ombra dell'aiuto di Stato sull'operazione Air Force Renzi. L'Italia verserà alla compagnia 168 milioni

Il sostegno occulto ad Alitalia dato con l'affare "aereo blu"

C' è un sospetto inconfessabile dietro i costi stratosferici dell'affare Air Force Renzi. Le vere cifre in gioco, svelate ieri dal Giornale, sono talmente elevate da mettere in una luce tutta diversa la decisione del governo di prendere in leasing un Airbus 340-500 per i voli di Stato a lunga distanza del premier. I documenti di Palazzo Chigi di cui il Giornale ha potuto prendere visione, rivelano innanzitutto che l'affare è stato concluso non con Etihad, la compagnia degli Emirati arabi che ha rilevato la metà di Alitalia, ma direttamente con l'ex compagnia di bandiera italiana, al contrario delle indiscrezioni circolate nei mesi scorsi.

La circostanza diventa un tassello decisivo che alimenta una ricostruzione totalmente diversa dell'affare che ha attirato a Renzi critiche troppo prevedibili per pensare che un premier così attento, almeno a parole, alla retorica dei costi si sia fatto cogliere di sorpresa per soddisfare il vezzo di una malriposta grandeur. Sta di fatto che l'accordo sul leasing segue di pochi mesi la conclusione dell'operazione che ha portato nelle mani di Etihad la metà del capitale di Alitalia, dando nuovo ossigeno alla compagnia tricolore da anni sull'orlo dell'abisso finanziario. Etihad è entrata in possesso del 50 per cento delle quote sborsando 560 milioni. In realtà però la cifra è composta da più voci: 60 milioni sono serviti per comprare da Alitalia cinque coppie di slot all'aeroporto Heathrow di Londra, dunque sono rimasti una (pregiata) proprietà della compagnia emiratina e saranno affittati ad Alitalia, altri 112,5 milioni sono serviti per comprare da Cai il 75% di Alitalia Loyalty, la società del programma Millemiglia.

Il vero esborso per la compagnia all'epoca carica di debiti (il closing è di agosto 2014) ammonta a 387,5 milioni. Per rispettare le regole dell'Unione infatti, il carrier doveva restare in maggioranza in mano a soggetti europei. Ma si dovevano anche evitare esborsi di denaro pubblico, altrimenti sarebbe scattata la tagliola dell'aiuto di Stato, non concesso dalle regole antitrust europee. Eppure all'epoca Lufthansa tentò con ogni mezzo di «bombardare» l'accordo, invocando proprio l'accusa di aiuto di Stato, attraverso un ricorso all'Antitrust europea, promosso attraverso le controllate Germanwings e Air Dolomiti. In sede Ue ebbero la meglio il governo italiano e Alitalia-Etihad. In seguito le due compagnie tedesche si rivolsero anche al Tar contro il decreto Lupi che eliminava alcune restrizioni al traffico aereo sull'aeroporto di Linate, come richiesto dai manager Etihad. Il governo attuale e quello di Letta che aveva iniziato l'operazione si è sempre detto orgoglioso di aver risolto la faccenda attraverso un'operazione industriale con un grande partner «dopo la falsa partenza di una privatizzazione gestita discutibilmente qualche anno fa», come disse il piddino presidente della Commissione Trasporti della Camera, Michele Meta, non trascurando di insinuare una critica al governo Berlusconi.

Ma è stata davvero un'operazione industriale pura? La rivelazione del Giornale cambia di fatto i conti dell'affare.

Perché a fronte dei 387 milioni investiti da Etihad per entrare nel capitale, non sono poi così pochi i 168 che il governo «restituirà», sia pure in otto anni, pagando ad Alitalia l'oneroso leasing dell'aereo che è gestito da Alitalia, ma proviene dalla compagnia emiratina, come suggeriscono perfino i giubbotti di salvataggio con istruzioni in arabo che sarebbero stati cambiati una volta che l'aereo è «atterrato» a Palazzo Chigi. Saltato il segreto di Pulcinella sulle carte dell'affare Air Force Renzi, qualcuno potrebbe ora volerci vedere più chiaro anche su quello Alitalia-Etihad.

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