Tutti si spostano sul proporzionale, e il Pd va controcorrente e rilancia sul tedesco: metà collegi (maggioritario), metà liste (proporzionali).
A Montecitorio va in scena l'ennesima puntata del tormentone dal titolo «Legge Elettorale». Un serial che fuori dal Palazzo nessuno segue, e cui dentro il Palazzo nessuno crede. Ieri era la giornata clou, con la presentazione di un testo base in Commissione e l'avvio ufficiale dell'iter che - sulla carta - dovrebbe portare al dibattito e voto in aula il 29 maggio. Ma la presidente della Camera Laura Boldrini ha già fatto sapere che finché la commissione non finisce i suoi lavori, lei non farà calendarizzare la legge.
Fatto sta che ieri, in commissione, il Pd è stato battuto dalla «accozzaglia» post referendaria, da Forza Italia ai Cinque Stelle più frattaglie varie (bersaniani, Sel, meloniani) che si sono dichiarati a favore dell'estensione anche al Senato di ciò che resta dell'Italicum storpiato dalla Consulta (quindi un proporzionale con capilista bloccati, ma senza ballottaggio). E quello sarà il testo base all'esame della Commissione dalla settimana prossima, mentre il termine per gli emendamenti è stato anticipato al 19 maggio. L'ok dei dem però non è scontato: «Decideremo martedì in ufficio di presidenza», dice Ettore Rosato. Ieri il Pd si è messo di traverso, rilanciando un modello semi-maggioritario alla tedesca e trovando sostegno nella Lega perché «è simile al Mattarellum», nonché quella di Pisapia, interessato ad allearsi coi democrat. Ma mandando su tutte le furie gli altri partiti. «Proposta barbara, sistema distorsivo che ammazza il rapporto tra elettori ed eletti», tuona l'azzurro Francesco Paolo Sisto. Perché a tutti è chiaro che, senza i voti del Pd, alla Camera non si approva nulla. E in molti hanno interpretato la mossa renziana come un modo per tenersi le mani libere e giocare al gatto col topo, approfittando anche delle divisioni in casa altrui: sul sistema tedesco, ad esempio, una parte di Forza Italia era favorevole anche perché consente un apparentamento più indolore con la Lega grazie ai collegi.
In verità, Matteo Renzi sta a guardare come va a finire, senza grandi patemi d'animo: se davvero - con il Pd che fa il vago sull'Aventino - prende il via l'Italicum modificato, e si trova un accordo con Berlusconi non solo per mantenere i capilista bloccati (cosa che sta molto a cuore a Forza Italia) ma anche per innalzare la soglia di sbarramento al 5% (nel testo base è al 3%), il risultato andrà benissimo anche per il Nazareno.
Nel frattempo l'ex premier si tiene fuori dalla bolgia parlamentare, e ne prende le distanze con un post amaramente ironico, in cui dà per scontato l'esito negativo del tormentone: «Continuano le grandi manovre parlamentari di chi chiede a parole una nuova legge elettorale ma in pratica non la vuole, e perde tempo», scrive su Facebook.
«Come sapete sono un grande sostenitore del ballottaggio, perché consente di scegliere ai cittadini anziché costringere agli accordi di palazzo. Ma dopo il No del 4 dicembre alla riforma costituzionale, il ballottaggio in Italia è diventato praticamente impossibile». Insomma, dalla «palude» post-referendum difficilmente uscirà qualcosa di buono.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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