Lo Stato non paga le imprese però tassa benzina e sigarette

La denuncia dell'Ance: l'edilizia aspetta 10 miliardi dagli enti locali. Per far cassa il governo aumenta le accise sui carburanti dal 2015. Previsti rincari anche sulle "bionde"

Lo Stato non paga le imprese però tassa benzina e sigarette

Più tasse per tutti e debiti che continueranno a essere pagati a babbo morto. È questa la fotografia dell'Italia anche nell'epoca del renzismo. Basta mettere assieme i provvedimenti all'esame del Parlamento per scoprire che non c'è nessun taglio vero della pressione fiscale e che, invece, i contribuenti sono chiamati al sacrificio più di quanto sia lecito attendersi.

Serve far cassa? Aumentano benzina e sigarette. La verde ed il gasolio saliranno di 3,3 centesimi al litro dal primo gennaio prossimo e di 11 centesimi nel 2016. È quanto ha denunciato Assopetroli esaminando il combinato disposto del rincaro delle accise e di quello dell'Iva previsto nel 2016 tra le varie clausole di salvaguardia.

La mazzata sulle «bionde», invece, è ancora da definire. L'unica certezza è che la commissione Finanze della Camera, ieri, ha approvato un parere favorevole allo schema di decreto legislativo riguardante le accise sui tabacchi. Si tratta di uno dei passaggi previsti dalla delega fiscale, ma il risultato è che le sigarette costeranno di più. Il rincaro è stato studiato per frenare la superstangata sulle sigarette elettroniche. Insomma, al danno si aggiunge la beffa. «Il governo e la maggioranza hanno commesso un errore», ha commentato il presidente della commissione, Daniele Capezzone (Fi).

Analogamente beffati si sentiranno quegli imprenditori, soprattutto del settore edile, che aspettano da anni il saldo delle loro spettanze. Ammontano, infatti, a circa 10 miliardi i debiti in conto capitale delle pubbliche amministrazioni ancora da pagare. È quanto emerge da uno studio dell'Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili, che ha ricostruito le passività ancora inevase dagli enti locali (Comuni, Province e Regioni) in relazione alle deroghe concesse dal decreto Sblocca Italia, ancora all'esame dell'Aula della Camera e sul quale il governo Renzi oggi porrà la questione di fiducia.

Il dl, infatti, consente alle istituzioni di sforare il Patto di Stabilità interno proprio per saldare i debiti non di parte corrente (cioè quelli legati a spese per investimento come la ristrutturazione di edifici o il rifacimento di una strada). A fine settembre, circa mille enti avevano presentato la richiesta di allentamento del Patto per un ammontare di circa 1,1 miliardi di euro di pregresso al 31 dicembre 2013. Il ministero dell'Economia, però, con un decreto ha assegnato solo 175,9 milioni su 200 disponibili. Mancano all'appello, pertanto almeno 922 milioni dei quali 424 milioni relativi al Lazio, 140 alla Campania e 59 alla Lombardia. A questo ammontare occorre aggiungere anche i debiti delle società partecipate dagli enti territoriali, dai ministeri e da altre amministrazioni: sarebbero circa 3-4 miliardi di arretrati di parte capitale. Se si aggiungono le spese cumulate nel corso degli ultimi mesi, conclude l'Ance, si arriva al totale di 10 miliardi.

Lo Sblocca Italia dà la misura precisa della confusione che impera nell'esecutivo quando si tratta di provvedimenti economici. Al governo era venuta una buona idea: abbassare dal 10 a 4% l'Iva sulle ristrutturazioni. Il problema è che la copertura finanziaria doveva essere assicurata da un'altra mazzata: l'aumento dal 4 al 10% dell'Iva sull'acquisto di abitazioni nuove. La Ragioneria dello Stato ha però bocciato tutto e Renzi & C. stanno per fare retromarcia.

Anche alla beneficenza non si risparmiano stangate.

L'aumento delle aliquote sulle rendite di luglio e l'allargamento della base imponibile sui dividendi (previsto dal ddl Stabilità) quadruplicheranno le tasse sulle Fondazioni bancarie rispetto al 2011. Più tasse significa meno soldi per anziani e bambini in difficoltà oltreché per la ricerca. Ma questo a Renzi non interessa.

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