È sobbalzato sulla sedia, il giornalista Toni Capuozzo, quando l'altra sera, ospite a In onda su La7 con Gino Strada, ascoltava il fondatore di Emergency raccontare perché la sua organizzazione non sia più presente nel Mediterraneo a soccorrere i migranti. Salvini non c'entra, anzi «se potessimo saremmo in mare domani mattina e li porteremmo nei porti italiani». Il punto è che «non abbiamo i soldi per farlo - ha spiegato Strada -. Noi lavoravamo su una barca che era di proprietà di Moas, contribuivamo con il nostro personale sanitario che pagavamo noi: delle spese logistiche noi pagavamo 150mila euro al mese. Dopodiché - ha svelato - ci hanno chiesto di dare di più, 180mila o 230mila, noi abbiamo discusso tra di noi e abbiamo accettato. Poi ci hanno detto: vogliamo che sbarchiate domani perché la Croce Rossa ci dà 400mila euro e noi che dovevamo fare? È come quando il padrone di casa ti dà lo sfratto».
Un retroscena che accende i riflettori sui criteri che animano le scelte dell'organizzazione non governativa che ha la sua sede principale a Malta. La fondatrice, insieme, al marito Chris Catambrone, con le sue due navi umanitarie era già finita nel mirino del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che aveva acceso un faro sulle attività delle ong, e la loro è stata una delle prime ad apparire nel 2014 nel Mediterraneo. Da cui ora si tiene invece lontana, avendo spostato le sue operazioni nel Sud-est asiatico per fornire aiuti umanitari ai Rohingya perseguitati in Bangladesh. Sul sito di Moas, tra i donatori compaiono proprio Emergency e Croce Rossa.
Quest'ultima però, ha avuto la meglio quando ha offerto un contributo maggiore per coprire i costi logistici delle missioni. La dinamica del benservito dato a Strada è ricostruita nel bilancio della stessa Emergency: la collaborazione con la ong per garantire cure mediche e prima assistenza a bordo della nave Responder (una delle due imbarcazioni di Moas), è iniziata a giugno 2016. In due mesi «è stato possibile portare assistenza sanitaria a quasi cinquemila persone» a un costo complessivo pari a 300mila euro, comprese «le quote di compartecipazione mensile ai costi per la gestione della nave». Il progetto «è terminato all'inizio di agosto per scelta di Moas, che ha comunicato la decisione di concludere la collaborazione con Emergency, avendo individuato un ente disposto a coprire interamente le spese del progetto, oltre che a fornire assistenza sanitaria». L'ente è la Croce Rossa, appunto. Che per la partnership con Moas ha sborsato due milioni di euro, come si evince dal rendiconto del bilancio 2016, per svolgere attività su entrambe le imbarcazioni.
Ieri dal blog dell'Huffington Post, la stessa Catrambrone è intervenuta per criticare i «leader politici che continuano a negoziare in nome dell'egoismo e dell'interesse nazionale» e ha attaccato la chiusura dei porti alle ong: «La guerra alle navi umanitarie non ha come risultato un calo nelle partenze, ma solo un aumento di chi perde la vita in mare».
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