Strage buonista

Strage buonista

Centodiciassette immigrati, tante donne e bambini, morti annegati nel tentativo di raggiungere su gommoni le coste italiane sono una bruttissima notizia. Ma chi sostiene che questa tragedia è la conseguenza della politica dei «porti chiusi» adottata dal governo non solo si sbaglia di grosso, ma è pure in malafede. Non c'è alcuna relazione tra il numero dei morti in mare e le modalità di soccorso, anzi è certo e documentato che meno partenze uguale meno vittime. Ecco i dati, fonte Amnesty International degli ultimi cinque anni. Dal 2014 al 2016, triennio di porti aperti e ong libere di soccorrere in mare, i morti annegati sono stati rispettivamente 3.528, 3.771 e 5.096. Nel 2017 il primo giro di vite su partenze e arrivi, deciso da Minniti ha fatto scendere le vittime a 3.116 e con lo stop alla collaborazione con le ong imposto da Salvini a metà 2018 il numero dei morti è crollato a 972, il minimo da sempre.
Vero è che il rapporto tra arrivi e vittime, nell'ultimo quinquennio, è rimasto pressoché costante, circa due decessi ogni cento arrivi. Il che significa che l'unico modo per salvare vite umane è limitare con ogni mezzo le partenze dalle coste africane perché, in numero assoluto, più immigrati accogliamo più ne muoiono nel corso delle traversate. Due su cento come detto non arriverebbero vivi in Italia qualsiasi fosse la linea politica.

Chiudere i porti alle organizzazioni che facevano da taxi e affidare le operazioni di salvataggio alla marina libica ha quindi salvato - scoraggiando e bloccando le partenze - migliaia di persone dall'annegamento, non l'inverso, come sostengono i non pochi nostalgici della politica buonista pre Minniti e pre Salvini, che negli ultimi anni ha prodotto il non invidiabile record di quindicimila morti.

I gommoni, causa della tragedia di ieri, sono purtroppo sfuggiti alla rete di controlli stesa a nostra ma soprattutto loro tutela, complice anche - come denunciato da Salvini - una ripresa dell'attività di pattugliamento al largo delle coste libiche delle navi ong che così facendo

incoraggiano gli scafisti a tentare l'avventura per poche miglia, certi di un facile trasbordo.

Piangere i morti è un dovere non meno importante di quello di evitare che simili tragedie possano accadere con la frequenza del passato.

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