Follow the money. Segui il denaro. Che nella Rimborsopoli grillina sembra andare dal fondo per il microcredito, in cui i parlamentari 5 Stelle hanno versato parte dello stipendio, ad alcune aziende vicine ai vertici del Movimento. In mezzo, l'addio di David Borrelli, tra i tre fondatori dell'associazione Rousseau.
Tutto ruota attorno a Confapri, la Confederazione delle attività produttive italiane per un rinascimento italiano. Dietro all'insegna ambiziosa c'è un think tank, un pensatoio, costituito da Massimo Colomban, quintessenza dell'imprenditoria del Nordest, fondatore del colosso delle costruzioni Permasteelisa. E fino a ottobre assessore alle Aziende partecipate della giunta grillina di Virginia Raggi in Campidoglio. Qual è stata l'idea di Colomban? Dare vita a una sorta di Confindustria a Cinque Stelle - sulla carta, una «conferenza permanente di esperti delle attività produttive» - chiamando a raccolta imprenditori del Triveneto nutrendo la protesta dei padroncini veneti, artigiani, piccoli imprenditori e professionisti tartassati o schiacciati dalla crisi. Nel 2013 a fare da sponda a Colomban è arrivato il torinese Arturo Artom, manager «prezzemolino» diventato in seguito grande amico di Gianroberto Casaleggio. Che infatti figura inizialmente nella lista degli iscritti al pensatoio insieme con Beppe Grillo (ma entrambi i nomi sono stati rimossi in un secondo momento dalla schermata del think tank), all'europarlamentare ex consigliere comunale di Treviso, David Borrelli («dal mese di febbraio 2013 svolgo il ruolo di referente del Movimento dei progetti legati alla Piccola e Media Impresa», si legge infatti sul suo sito) ad alcuni deputati grillini e al senatore dei Cinque Stelle Vito Crimi. Il tandem Colomban-Artom comincia a organizzare gli incontri tra il guru del Movimento e alcuni capitani d'impresa sulla base del manifesto di Confapri, la «carta di Castel Brando», nome del hotel che Colomban possiede sulle colline trevigiane. Nel programma c'è l'eliminazione dell'Irap, il pagamento dell'Iva solo dopo l'incasso effettivo e il rimborso totale dei debiti delle Pa verso i privati mettendo mano al tesoretto della Cassa depositi e prestiti e alle riserve di Bankitalia.
Nel febbraio 2013, peraltro dopo aver sbancato il Veneto con oltre 800mila voti, i grillini arrivano in Parlamento e decidono di versare la quota di stipendio eccedente i 5mila euro lordi al Fondo di garanzia per le Pmi, una specie di grande salvadanaio costituito al Ministero dello sviluppo per favorire l'accesso al credito delle aziende attraverso il rilascio di una garanzia pubblica sui finanziamenti erogati dalle banche. L'intuizione sarebbe nata proprio nell'alveo del pensatoio, almeno dalla ricostruzione fatta da Artom all'Huffington Post nell'aprile del 2014: «Quella è un'idea che venne a me e a Vito Crimi. Ogni anno quel fondo è finanziato per 6/700 milioni, che corrispondono a circa 12 miliardi di prestiti erogati. Con i circa 2,5 milioni versati dai parlamentari le imprese avranno ossigeno per altri 50 milioni», racconta Artom.
Nell'ottobre del 2014 il settimanale Panorama con un'inchiesta firmata da Caris Vanghetti scopre però che sei aziende destinatarie di quegli aiuti gravitano proprio nel campo del Movimento e di Confapri. «Complessivamente tra le oltre 65mila imprese che hanno avuto accesso ai soldi del Fondo, quelle dei membri del pensatoio Confapri sono state sei per un totale di 4,9 milioni. Quattro di esse hanno ottenuto poco più di 2 milioni quest'anno, da quando i 5 stelle versano le loro quote», scrive Panorama. Citando nell'elenco la trevigiana Acquavite di Vazzola, guidata da Roberto Campagner (1,5 milioni di garanzie), le Grafiche Nardin di Cavallino-Treporti, la Pontarolo engineering di San Vito al Tagliamento, la Farmac Zabban, la Netsystem di Artom e anche la Expo Venice vicina a Colomban. «Mai sfruttato le conoscenze dei vertici del movimento per favorire questa o quella azienda. Il fondo era a disposizione anche di imprenditori dell'associazione. E con ciò? Non c'è stato alcun aiuto diretto ai nostri associati», si sfogherà Colomban con la Tribuna di Treviso.
Ma a infuriarsi di più per l'articolo di Panorama, tanto da minacciare una raffica di querele, era stato Borrelli: «Mai esercitato alcuna pressione», aveva detto, «sono calunnie per gettare fango sul nostro movimento. Per evitare ogni strumentalizzazione abbiamo optato per il versamento a un fondo pubblico».
Ora che
il «fantasma» di CastelBrando è tornato, con lo scoppio della Rimborsopoli grillina, Borrelli è uscito dal gruppo e ha annunciato che aderirà a un nuovo movimento. Che si occuperà proprio di risparmiatori e imprenditori.
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