Lo stratega di Trump rivela: "Lega-M5S? Li ho sposati io"

Steve Bannon al New York Times: «Ho convinto Salvini a cercare l'intesa con Di Maio, in molti li imiteranno»

Lo stratega di Trump rivela: "Lega-M5S? Li ho sposati io"

Roma - Steve Bannon rivendica con orgoglio la paternità del governo tra Lega e M5S. Che l'ideologo del sovranismo americano sia un tifoso dell'alleanza tra leghisti e grillini non è una novità. Ma ora, in un'intervista al New York Times, Bannon svela di aver svolto un ruolo centrale, quasi decisivo, nel patto tra Matteo Salvini e Luigi di Maio.

Una moral suasion che l'ex stratega di Trump pare abbia esercitato soprattutto nei confronti del segretario del Carroccio nei giorni successivi al voto del 4 marzo. L'incontro sarebbe avvenuto a Milano: Bannon, a suo dire, si sarebbe sforzato per spingere i leghisti a siglare un'intesa con il M5S. In effetti, l'11 marzo, una settimana esatta dopo il voto, Bannon esortava Lega e M5S ad andare insieme al governo. «Siete i primi a poter davvero rompere il paradigma sinistra-destra - avrebbe detto ai suoi interlocutori, come racconta al Nyt -. Potete mostrare che il populismo è il nuovo principio organizzatore».

Lo stratega americano si dice convinto, tra le altre cose, che «altri Paesi europei seguiranno l'esempio dell'Italia». L'ex membro del Consiglio per la sicurezza nazionale di Trump in una recente visita a Roma, il 28 maggio, si era espresso a favore del patto giallo-verde, usando parole durissime contro il Capo dello Stato Sergio Mattarella, che in quelle ore poneva il veto sull'ingresso al governo di Paolo Savona per la guida del ministero dell'Economia.

Tra Lega e Bannon c'è un rapporto consolidato, che ora punta a rafforzarsi con l'ingresso dei Cinque stelle. E pare che già prima delle elezioni lo stratega americano abbia messo in campo la propria diplomazia per gettare le basi di un accordo tra M5S e Carroccio. L'obiettivo finale è la nascita di un movimento populista-sovranista mondiale. E Salvini ne rappresenta un pilastro. Anche se il segretario del Carroccio, ieri al termine del giuramento da ministro dell'Interno del governo guidato da Giuseppe Conte, ha ribadito come il filo diretto con Silvio Berlusconi non si sia mai interrotto.

E soprattutto che l'alleanza di centrodestra resta in piedi. All'uscita dal Quirinale, Salvini, prima di recarsi a Palazzo Chigi per la seduta del Consiglio dei ministri (che ha ufficializzato la nomina del sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti) rispondendo alle domande dei giornalisti ha chiarito: «Sentirò Berlusconi prima di entrare in questo palazzo. L'ho sentito già varie volte ieri».

Per ora la priorità del leader leghista è mettersi al lavoro negli uffici del Viminale per dare prova di rispettare le promesse della campagna elettorale. Senza rinunciare all'abito del capopopolo: «Ce la farò a gestire la Lega ed il Viminale insieme. Basta volerlo».

Il timore della Lega resta saldo nelle mani di Salvini che smentisce le voci su una reggenza. Il ministro dell'Interno non intende mollare la leadership politica, nonostante l'incarico di ministro richieda un impegno a 360 gradi: «Comincerò subito a lavorare: sarò in ufficio ma anche in piazza». Salvini vuole riprendere in mano i dossier dell'ex titolare dell'Interno leghista, Roberto Maroni: «Cominciò molto bene sui beni sequestrati e confiscati alla mafia: se lo Stato riuscirà a gestire sempre meglio garantendo posti di lavoro con questi beni, qualcuno si renderà conto che è sempre meglio lo Stato della mafia». Il primo colloquio lo tiene con il capo della Polizia di Stato, Franco Gabrielli, nei giardini del Colle al ricevimento per la festa della Repubblica. Ma non si sbilancia sulla riconferma. Al contrario, ipotizza una lunga vita all'esecutivo: «Se questo Governo durerà 5 anni? Almeno dieci».

Torna, infine, sul veto imposto dal Colle su Savona per la guida del ministero dell'Economia: «Nessun passo indietro. Sono due passi in avanti.

Non solo c'è Savona alle Politiche comunitarie, e per ricontrattare alcune regole quello è il ministero giusto, ma c'è anche un ministro dell'Economia, Giovanni Tria, in perfetta sintonia con Savona. Non è stato fatto un passo indietro, si è raddoppiato».

Toni che confermano i due abiti. Di ministro e leader di piazza.

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