La strategia di Obama è fallita

Non ci sono parole che possano essere pari all'idea che ci venga strappata Palmira, la città carovaniera da cui passava sul cammello nel deserto fin dal tempi biblici il traffico fra la Mesopotamia e il Mediterrano con il suo carico di merci, di architettura e di scultura. Fa vergogna vederla distruggere dall'Isis, è una sconfitta per ogni singolo abitante del pianeta, a volte si vorrebbe che l'Unesco avesse un esercito di mercenari. È vergogna anche che Ramadi sia caduta nella mani dell'Isis nonostante l'impegno americano e della grande coalizione che avrebbero, almeno, dovuto tenere a bada l'esercito dei barbuti dello Stato islamico. Eppure non dovrebbe essere impossibile, si tratta di un esercito senza forze aeree, con vecchi tank, con una truppa che a suo vantaggio può annoverare solo gli esperti ufficiali di Saddam e il fanatismo. Si potrebbe batterli. Ma la scelta di Obama è quella di combattere con una mano legata dietro la schiena, senza i famosi boots on the ground e anche di fare un uso modesto dei droni, se è vero che da settembre il numero degli attacchi è stato di 3800 in confronto ai 47mila del primo mese dell'operazione Iraqi Freedom del 2003.

Obama ha dichiarato che l'Isis non sta vincendo, ma la città caduta consolida il controllo Isis da pochi chilometri da Bagdad fino nel cuore della Siria. Il fatto è che si tratta qui, di una sconfitta sia dell'esercito iracheno come di Obama stesso e della sua strategia. Sono mesi che gli americani si baloccano con lo scontro per Ramadi e hanno lasciato sconfiggere il loro alleato Haider al Habadi, messo al potere da Obama che decise di sostiturlo a Nouri al Maliki. Il fatto che Obama non abbia aiutare al Habadi come necessario lascia all'Iran sempre più spazio, e infatti il suo ministro degli Esteri ha preso il primo volo per Bagdad per far vedere chi sa venire in aiuto. Obama ha aperto la strada agli ayatollah sul campo di battaglia, per esempio a Tikrit, dove sostenuti dai bombardamenti americani, hanno cacciato l'Isis. È un precedente conturbante, come scrive Michael Ledeen: perchè, se gli americani si decidessero a un bombardamento massiccio e Ramadi venisse recuperata con l'intervento dell'Iran, questo farebbe decadere il sogno di un Iraq indipendente; e se perdessero, peggio ancora. In questa guerra contro l'Isis, Obama si è sempre più infilato nel vicolo stretto del rapporto con l'Iran, oltretutto mentre gli ayatollah dichiarano che se si arriverà all' accordo sul nucleare, non consentiranno mai di ispezionare i siti militari. Come si sa il risultato strategico dell'accordo Iran-Usa e che l'Arabia Saudita minaccia di procurarsi la bomba atomica.

Obama, che ha creato questa situazione, per salvare almeno l'Iraq e l'onore dovrebbe, con l'esercito iracheno e

con i curdi, cacciare l'Isis dalle città occupate. Questo cambierebbe la sorte della Siria, dove si combatte poco l'Isis per paura di fare un piacere a Assad, e non si combatte Assad per paura di fare un dispetto all'Iran.

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