La polveriera Sud è pronta ad esplodere nelle mani del segretario del Pd Matteo Renzi. I governatori del Mezzogiorno, dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale, cercano un riposizionamento nella geografica interna del Partito democratico.
Si parte della Campania. Dal governatore Vincenzo De Luca, il più renziano di tutti. Metabolizzato lo schiaffo al referendum, De Luca si è affrettato a prendere le distanze dall'ex premier: «Renzi ha pagato l'esuberanza del suo carattere» aveva commentato a caldo, salvo poi (ieri in una nota) ufficiale raddrizzare il tiro, confermando lealtà e sostegno all'ex sindaco di Firenze. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, il vulcanico presidente della Regione Campania, sta cercando a Roma, e nel P, nuovi interlocutori, anche in previsione di una non scontata riconferma alla guida del partito.
Morto un Papa se ne fa un altro. De Luca ha già scelto il suo nuovo pontefice in caso di disgrazia definitiva di Matteo Renzi. È Carlo Calenda, ex Scelta civica, ministro dello Sviluppo economico del governo Renzi. Chi farà parte della squadra targata De Luca-Calenda? Il primo si è di un ex berlusconiano di ferro come Gianni Lettieri, candidato alle scorse elezioni comunali di Napoli per il centrodestra. L'ex presidente dell'Unione industriali di Napoli sarebbe il primo acquisto della ditta De Luca. C'è un altra adesione quasi certa alla corrente De Luca-Calenda. È quella del deputato Giovanni Palladino, anche lui ex seguace di Mario Monti. La prima Regione del Sud a trazione renziana è già saltata.
Un'altra è pronta a farlo: la Basilicata. Ovvero la Regione delle trivellazioni in mano ai fratelli Pittella: Gianni, europarlamentare e presidente del gruppo dei Socialisti europei e Marcello, governatore della Regione. Due renziani fidatissimi che, ora, sotto i colpi della sconfitta al referendum potrebbero rivedere la propria posizione. Per adesso, i due Pittella hanno confermato lealtà a Renzi, salvo chiedere un faccia a faccia nei prossimi giorni per capire le intenzioni dell'ex premier, valutando magari nuovi approdi.
In Sicilia ci sono le elezioni regionali alle porte: si vota nel 2017. Il governatore uscente Rosario Crocetta, non di fede renziana, era dato per morto (politicamente). In rampa di lancio c'era Davide Faraone, sottosegretario all'Istruzione e plenipotenziario del potere renziano in Sicilia. In virtù di un patto di ferro con Angelino Alfano, ministro dell'Interno e leader di Ncd, Faraone era pronto a scendere in campo per la guida della Regione siciliana. Il risultato del referendum ha fatto saltare i piani: Faraone è fuorigioco. L'unico in grado di sfidare un centrodestra in avanzata è il presidente uscente Rosario Crocetta ma senza la benedizione di Renzi.
In Calabria ciò che esisteva del renzismo è stato asfaltato dal voto referendario. L'unico che oggi resta fedele all'ex presidente del Consiglio è il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Il presidente della Regione Calabria Mario Oliviero non è mai stato un fedelissimo dell'ex sindaco di Firenze ma si era schierato per il Si al referendum.
Un Sì con tanti mal di pancia per come era stata penalizzata la Calabria rispetto alla Campania dalle scelte del governo. Con un Renzi al capolinea, Oliviero è pronto a fare sponda con il vero avversario dell'ex premier; Michele Emiliano, il governatore della Puglia è pronto a sfidare Renzi al prossimo congresso del Pd.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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