La prospettiva di un contenzioso infinito e, soprattutto, l'idea di dover sborsare ad Autostrade per l'Italia 20 miliardi euro ha fatto cambiare idea al governo. Fino a ieri mattina la linea ufficiale del governo era quella del premier Giuseppe Conte che, a poche ore dalla tragedia costata la vita a decine di persone che attraversavano il ponte Morandi, ha annunciato la revoca della concessione. Linea rilanciata ieri dal vicepremier Luigi Di Maio: «Confermo la revoca, le penali non andranno pagate». Ma nel pomeriggio sono spuntati dubbi e distinguo. Prima quello del viceministro dei Trasporti e responsabile economico della Lega Edoardo Rixi: «Se Autostrade per l'Italia metterà in breve tempo a disposizione risorse per gli sfollati, per i familiari delle vittime e ricostruirà il ponte Morandi senza aspettare le indagini, noi decideremo se rescindere o meno il contratto di concessione». Poi il vicepremier Matteo Salvini.
Poco dopo anche dal M5s un cambiamento di rotta arrivato prima dal Blog delle stelle tramite un post nel quale si difende la revoca della concessione «qualora ce ne siano le condizioni». Poi il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha delineato un percorso dai tempi medio-lunghi, che potrebbe avere come esito l'uscita di Autostrade per l'Italia dalla gestione della rete autostradale, ma anche un conferma della società del gruppo Atlantia. «Il ministero che presiedo è subito in azione per stabilire le cause del dramma avvenuto a Genova. Abbiamo costituito una commissione ispettiva di esperti che faranno luce sull'accaduto e che sono già operativi. L'esito del loro lavoro, che dovrà arrivare entro un mese, entrerà nella procedura di un'eventuale revoca della concessione ad Autostrade». Il ministero chiede il ponte venga ricostruito a carico del concessionario «in un contenuto periodo di tempo». E il governatore della Liguria Giovanni Toti vuole il nuovo ponte entro il 2019.
Solo il leader del M5s e vicepremier Di Maio è restato sulle sue posizioni e ieri sera a In onda su La7 ha confermato che «Chi non vuole revocare le concessioni deve passare sul mio cadavere. C'è la volontà politica del Governo».
Se l'esito sarà veramente questo e quindi se tra un mese si deciderà la revoca della concessione prima del termine, il governo potrebbe trovarsi a dovere pagare una cifra tra i 15 e i 20 miliardi di euro, secondo una stima fatta dal Sole24ore. Un miliardo all'anno da dare ad Autostrade per i mancati ricavi dalla data della revoca fino alla scadenza naturale del contratto che è il 2038, con proroga al 2042.
La decadenza della convenzione è possibile in caso di «grave inadempienza da parte del concessionario rispetto agli obblighi previsti». Difficile da dimostrare. Poi, se la commissione ispettiva del governo dovesse avviare la procedura, la società potrà fornire giustificazioni e fornire controdeduzioni. Se poi vengono respinte, il concessionario ha altro tempo per le controdeduzioni. In tutto 5 mesi per una decisione che può essere impugnata al Tar.
La tragedia del ponte ha riflessi anche nei rapporti con l'Unione europea. La Commissione europea ieri da una parte ha sottolineato come la sicurezza delle strade dipenda dalla concessionaria. Dall'altro ha risposto ufficiosamente alle polemiche sulle risorse per la sicurezza bloccate.
Per l'Italia sono già stati stanziati 2,5 miliardi euro in fondi Ue per le infrastrutture oltre al piano da 8,5 miliardi di investimenti in Autostrade in cambio di una proroga della concessione dal 2038 al 2042. Se il governo dovesse fare saltare la concessione, anche questi ultimi sarebbero a rischio.
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