RomaIl nome evoca fatiche e colonne. Il cognome, una certa persistenza negli affari che contano. Eppure Ercole Incalza, oltre che superburocrate delle Grandi opere, snodo degli appalti importanti, è soprattutto l'uomo che attraversa come un fantasma le principali inchieste degli ultimi quarant'anni. Assoluto recordman dello slalom processuale, lo definisce il suo avvocato, Titta Madia: «Quattordici proscioglimenti e mai una condanna» (ma qualche prescrizione sì). Anzi, secondo Madia, di condanna sulle spalle ce n'è soprattutto una: «fungere sempre da parafulmine, perché è il migliore».
D'altronde la parabola d'Ercole sorge settant'anni fa a Francavilla Fontana (Brindisi) nel giorno di Ferragosto, gran festa delle messi. Ingegnere e architetto, nel '78 è dirigente della Cassa per il Mezzogiorno e nell'83 già consigliere del ministro dei Trasporti. C'è stella polare e senso di marcia, nell'irresistibile ascesa: Incalza è un giovanotto legatissimo a Claudio Signorile. Si parla da tempo di «sinistra ferroviaria», e dunque l' Archingegnere è l'uomo giusto al posto giusto. La fine del governo Craxi lo proietta al vertice della Motorizzazione e nell'agosto '91 alle Fs di Necci. C'è un motivo: il mese successivo viene costituita la Tav spa, e Incalza ne diviene l'«anima» autentica (è ad fino al '96). Sarà lui a curare l'affidamento diretto a Eni, Fiat e Iri delle prime linee superveloci. In questi anni aurei, eccolo con Chicco Testa e Mercedes Bresso a cercare di convincere i Verdi ai convegni sulla bontà del progetto. Ma eccolo anche comparire davanti all'Antimafia, il 14 settembre '95, sugli affari Tav. Abile ed esperto, Incalza parla di Prodi che, «in qualità di presidente dell'Iri, aveva dato il benestare all'aggiudicazione dei lavori Tav a società quantomeno sospette, certamente in odore di camorra, stando almeno a quanto emergerà dal rapporto dello Sco e alle indagini della Procura di Napoli».
Se i magistrati hanno cominciato a interessarsi a lui già con l'inchiesta su Italia '90 e ora stanno cercando il bandolo della matassa Tav, il governo Prodi lo allontana dal ruolo di superconsulente esterno del ministro (all'epoca Di Pietro). Eppure nel settembre '97 è il pds Burlando ad affidargli la presidenza del gruppo di lavoro della Commissione italo-francese per il primo tunnel della Torino-Lyon. Rapporti che tornano buoni quando, il 7 febbraio successivo, viene arrestato con l'accusa di aver corrotto i magistrati che indagavano sulla Tav (Squillante e Castellucci).
Tornato capo segreteria tecnica con Lunardi, nel 2001, Incalza si avvicina al mondo ciellino. Esemplare presentazione al Meeting di Rimini del 2005: «Voglio ringraziare davanti a tutti - dice l'entusiasta Lupi - una persona che ho incontrato in questi anni, un prezioso collaboratore di Lunardi, ma prezioso collaboratori di tutti noi. Volevo presentare e fare un applauso a Ercole Incalza che è, credo, una persona eccezionale e un patrimonio per il nostro Paese». Eppure era stato proprio nel luglio dell'anno precedente, come appurerà l'inchiesta su Anemone &C., che il patrimonio della famiglia Incalza s'era accresciuto di una casa in Piazzale Flaminio grazie al «regalo» di 820mila euro pagati «a sua insaputa» dal solito Zampolini. Caso speculare a quello Scajola, con la differenza che il genero di Incalza, Alberto Donati, acquirente della casa di lusso con soli 390mila euro di tasca propria, spiegò d'aver fatto «un sopralluogo nella casa assieme a Incalza». Ma l' Archingegnere non ne aveva capito il valore, evidentemente.
Capo struttura del ministero anche con Matteoli, Passera e Lupi (incarico rinnovato fino a gennaio), Incalza è comparso e scomparso come fantasma anche nelle inchieste sul G8, sul Mose, sull'Expo.
Ma soprattutto in quella sui favoritismi alla CoopSette , coop rossa cara all'ex governatrice umbra Lorenzetti. Campione di mimetismo, è passato oltre le colonne d'ogni governo. Zelig d'un potere impalpabile, quello dei superburocrati, e di sicuro anche implacabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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