Sviste, favori e coperture: ecco la rete bucata che ha graziato i Renzi

Chi ha protetto la famiglia: dall'amico generale Adinolfi che guidava la Finanza con Matteo sindaco, al pm che voleva archiviare l'indagine sul padre

Sviste, favori e coperture: ecco la rete bucata che ha graziato i Renzi

Roma Di riffa o di raffa, ai Renzi fila tutto liscio. Il giovane premier, quando ancora era presidente della Provincia e poi sindaco di Firenze, era finito nel mirino di un dipendente comunale. Ma i suoi esposti a raffica, sparsi negli ultimi anni, sono tutti caduti nel vuoto, archiviati o dimenticati. Poi salta fuori la telefonata intercettata tra il futuro presidente del Consiglio (all'epoca segretario dem e primo cittadino a Firenze) e il generale della Finanza, Michele Adinolfi. Niente di penalmente rilevante, solo tanta familiarità. Però Adinolfi, che era a capo delle Fiamme gialle in Toscana, secondo quel tignoso dipendente potrebbe essere la causa dell'insabbiamento delle sue denunce. Tanto da presentarne una nuova, sulla base della quale la procura di Firenze ha aperto un fascicolo contro ignoti e indaga per capire se qualcuno ha «protetto» Renzi dalle magagne giudiziarie, invece di contribuire alla funzione di controllo.

Solo un caso, ma non l'unico per la famiglia. Anche la vicenda Chil Post per babbo Tiziano sembrava essersi messa di traverso. All'inizio era andato tutto bene. Il mutuo da 700mila euro concesso con una garanzia regionale dell'80% grazie alla mamma del premier, messa lì come amministratrice (come dichiarato dal babbo davanti al pm) per sfruttare l'opportunità offerta dalla Regione alle imprese in rosa, mentre la Chil post la gestiva solo lui. Tanto che subito dopo torna sulla tolda di comando proprio Tiziano. La cessione di ramo d'azienda per un tozzo di pane alla Eventi6, azienda di famiglia pure questa, che svuota la Chil, regalata «in amicizia» a Massone, che la porta al fallimento.

Ma qui sembravano cominciare i problemi. Prima l'iscrizione nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta, poi la storia del mutuo dai contorni opachi. Sul primo punto, c'erano le annotazioni della Gdf a indicare come «anomala» quella compravendita, e i due pm genovesi sembravano concordare. A marzo scorso, il colpo di scena: i magistrati credono a Tiziano, ne chiedono addirittura l'archiviazione (anche se il gip l'ha rigettata e a breve dovrà pronunciarsi). Nicola Piacente, uno dei due pm titolari dell'inchiesta, da novembre sarà capo della procura di Como. Quanto alle Fiamme gialle, quei documenti sono rimasti a prendere polvere nel faldone in procura, senza mai sbarcare negli uffici del Mef, che se ne sarebbero potuti interessare.

Via XX Settembre è, infatti, l'azionista unico di Poste Italiane cui fa capo Banca del Mezzogiorno-Mcc che gestisce il Fondo centrale di garanzia del ministero dello Sviluppo, l'organo che ha rimborsato la Regione Toscana con 236mila euro, dopo che quest'ultima aveva garantito, tramite Fidi Toscana, l'80% del mutuo acceso da Chil Post con la Bcc di Pontassieve. E, invece, nessun ministero né il Fondo di garanzia né Banca del Mezzogiorno-Mcc si sono insinuati al passivo di Chil Post per cercare di recuperare, almeno parzialmente, i soldi della collettività. Un intero sistema di controllo si perde per strada.

Anche la Regione Toscana, in fondo, stava per far passare tutto quanto in cavalleria. Solo le insistenti denunce del capogruppo di Fdi in consiglio, Giovanni Donzelli, hanno sortito l'effetto di mettere il governatore Enrico Rossi dinanzi alle proprie responsabilità e di «obbligarlo» a insinuarsi al passivo di Chil Post per recuperare i 35mila euro di quota capitale e sanzioni non riavute indietro dal ministero. A Firenze, evidentemente, la solerzia non è di casa. Il passaggio di quote da mamma Renzi al papà dopo la concessione di una garanzia regionale dell'80% anziché del 60%? «Il regolamento lo consente», s'è difeso il governatore nell'intervista al Corriere .

La revoca dell'aiuto concesso? «Di fronte ai probabili attacchi politici non si poteva far finta di nulla», ha aggiunto Rossi spiegando che, se fosse stato per lui, tutto sarebbe potuto passare tranquillamente sotto silenzio. Insomma, chiamarsi Renzi nell'Italia di oggi ha un peso molto rilevante che rende qualche cittadino più uguale degli altri.

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