Svizzera modello anti-islam Così frena le idee talebane

L'ultimo caso a scuola: il consiglio dà torto al padre dello scolaro che non voleva dare la mano alla prof

Svizzera modello anti-islam Così frena le idee talebane

Ad Oriana Fallaci sarebbe piaciuta la Svizzera che non si piega alle regole talebane dell'islam. L'ultimo caso riguarda una scuola di Therwil, nel cantone tedesco. Lunedì il consiglio scolastico ha risposto con un secco no ai genitori di un giovane musulmano, che difendeva la scelta del ragazzo di non stringere la mano ad un'insegnate perché donna. Una regola talebana dell'islam prescrive di non toccare in alcun caso una femmina, se non fa parte della propria famiglia. La scuola ha deciso che la docente «ha il pieno diritto di chiedere che gli studenti le stringano la mano». Il caso era esploso in maggio quando il giovane si era rifiutato di farlo. All'inizio si era deciso di lasciar perdere, ma la faccenda aveva sollevato l'opinione pubblica in mezza Svizzera. Il padre ha presentato una richiesta specifica all'istituto di esentare il figlio dalla stretta di mano con l'insegnante in nome dell'islam. Con il nuovo anno la scuola ha detto no. Il genitore può fare ricorso, ma la responsabile scolastica del distretto, Monica Gschwind, ha messo in chiaro che rispetta la decisione della scuola. «Stringere la mano non è solo un segno di decenza, ma è un atto profondamente radicato nella nostra società e cultura» ha sentenziato la dirigente. E ha aggiunto: «Non ho dubbi: la stretta di mano (con una donna) ne esce rafforzata senza se e senza ma».

Il dipartimento dell'Educazione, cultura e sport di Basilea-Landschaft fin da maggio aveva ribadito: «L'interesse pubblico rispetto alla parità tra uomini e donne e l'integrazione degli stranieri in modo significativo supera la libertà di coscienza (libertà di religione) degli studenti». Un esempio per tanti istituti scolastici italiani, che al contrario annacquano le feste religiose cristiane o nascondono i crocifissi per non urtare la suscettibilità degli studenti islamici. In Svizzera vivono circa 450mila musulmani, il 5,5% della popolazione. L'islam è la terza religione. Gli svizzeri non difendono tanto la fede, ma il loro modo di vivere, la società e le tradizioni.

Questa estate è scattata la prima multa per il divieto del burqa in Canton Ticino grazie ad una legge entrata in vigore il primo luglio, dopo il referendum dello scorso anno. Nora Illi, che fa parte del Consiglio islamico centrale svizzero ed un'imprenditrice franco algerina, Rachid Nekkaz, si sono presentate a Locarno completamente coperte da un burqa per sfidare il divieto. La polizia le ha fermate multandole per l'equivalente in franchi di circa 200 euro. La penale può superare i 10mila euro. Il referendum che nel novembre 2015 ha approvato il divieto del burqa prevede che la regola valga sia per gli svizzeri, che per gli stranieri, anche se consorti di facoltosi sceicchi arabi. Per questo motivo l'ambasciata dell'Arabia Saudita a Berna ha emesso un'allerta per i suoi cittadini sul divieto al burqa invitandoli «a rispettare la legge per evitare problemi».

Gli svizzeri hanno votato nel 2009 anche il divieto di erigere nuovi minareti. Nonostante ci siano 300 luoghi di preghiera islamici esistono solo 4 moschee con minareti, precedenti al referendum, a Zurigo, Ginevra, Winterthur e Wangen bei Olten.

Non solo: in giugno il governo svizzero ha respinto la richiesta di cittadinanza di due sorelle musulmane immigrate, che si sono rifiutate di nuotare in piscina con i maschi della stessa classe. Anche in questo caso le ragazze si erano appellate alle regole talebane dell'Islam, che non ammettono la promiscuità.

«La loro richiesta di naturalizzazione è stata respinta perché le sorelle non hanno seguito il curriculum scolastico - spiegano le autorità - I richiedenti la cittadinanza devono provare che sono integrati e rispettano le tradizioni ed i costumi locali».

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