Roma Prima mossa, cambiare il Trattato di Dublino, quello che ci impedisce di distribuire gli immigrati negli altri Stati della Ue. Per Antonio Tajani la revisione è dietro l'angolo: «Sono ottimista. La Commissione ha già fatto una proposta al Parlamento che la voterà con dei correttivi a favore dei Paesi che ricevono gli migrati». Il presidente dell'Europarlamento si «augura» che l'aula possa varare il provvedimento prima della fine dell'autunno». Seconda mossa, internazionalizzare il problema degli sbarchi. «Serve un impegno comune del G7 nel Mediterraneo», spiega Paolo Gentiloni, che pensa pure a smuovere il Palazzo di Vetro proponendo un «migration compact» in ambito Onu. «Si tratta di una sfida globale con decine di milioni di persone che abbandonano le loro case mosse da guerre, povertà ma anche da fenomeni climatici. Ne parleremo alla prossima assemblea generale delle Nazioni Unite di New York a metà settembre».
Il tema domina i lavori del G7 dei parlamenti in corso a Roma. Quest'estate è andata meglio, il governo italiano si è dato da fare e gli sbarchi si sono dimezzati, però è il momento di cambiare certe regole. «L'accordo di Dublino - dice Tajani - è ormai obsoleto. La riforma dovrà eliminare la regola di tenere i rifugiati nello Stato di primo ingresso. L'intenzione è indicare una quota, superata la quale un Paese ha il diritto di inviare ad altri Paesi i rifugiati che arrivano sul suo territorio». In questa maniera si potranno «sollevare gli Stati frontalieri dal peso dell'accogliere tutti i richiedenti asilo, e ciò significa aiutare molto l'Italia e la Grecia». Il presidente del Parlamento europeo, «per accelerare i tempi», il 20 vedrà Emmanuel Macron. «Ma le posizioni espresse da Francia e Germania spingono ad essere ottimista». E la recente sentenza della Corte di giustizia contro il ricorso dei Paesi di Visegrad sul ricollocamento «agevolerà la riforma». Norbert Lammert, presidente del Bundestag, concorda: «É sicuramente necessaria una revisione del trattato di Dublino, concepito in tempi in cui le proporzioni del fenomeno migratorio erano diverse, e ci ha costretti ad adottare delle eccezioni molto controverse nella Ue».
Spicca l'assenza degli Stati Uniti, piuttosto tiepidi sotto Trump al multilateralismo. Secondo Gentiloni invece il formato G7 funziona, «è molto importante la comune consapevolezza della sfida geopolitica». Si parla infatti di terrorismo, con un avviso di Gentiloni, «i successi militari contro Daesh non ci liberano dai rischi», e un appello di Laura Boldrini a una maggiore condivisione dei dati. «Dobbiamo dire basta alle gelosie nazionali perché la posta in gioco è troppo alta. I giovani si radicalizzano più sul web che fuori. Ed è per questo che le piattaforme digitali devono collaborare di più, perché non sono semplici autostrade».
E si parla della Corea del nord. «Qualcuno - sostiene Gentiloni - può pensare che è un problema giapponese, che è una questione che interessa solo chi fa parte di quella regione.
La realtà è ben diversa perché al di là del Giappone e della Corea del Sud, la minaccia interessa tutti, L'instabilità in quell'area del mondo ha anche delle conseguenze dal punto di vista geopolitico, economico e dei traffici commerciali anche per i nostri Paesi. «La pace globale è a rischio - ricorda Tadamori Oshima, speaker della Camera dei Rappresentanti giapponese - noi siamo molto preoccupati».
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