Per l'auto arriva un provvedimento last minute che, unendo una nuova (ennesima) tassa sul settore alla volontà di favorire le vendite di veicoli a basse o zero emissioni, ha però tutte le carte in regole per tramutarsi in una misura regressiva. In pratica, attraverso un sistema bonus-malus, sarebbero premiate le vetture più care e penalizzate quelle più popolari. A questo si aggiunge il rallentamento del rinnovo del parco circolante, mentre a uscirne con le ossa rotte sarebbero le classi meno abbienti e con una minore capacità di acquisto delle nuove tecnologie.
Il provvedimento, contenuto in un emendamento approvato dalla Commissione bilancio della Camera, rischia ora di portare il governo a un pericoloso conflitto con le associazioni di categoria, già sul piede di guerra, e anche i sindacati. La misura propone di applicare, già dal primo gennaio 2019 e per tutto il 2021, un'imposta crescente - da 150 ai 3mila euro - sull'immatricolazione di auto nuove con emissioni di Co2 superiori ai 110 grammi/km. Parallelamente, questa misura prevede un incentivo - da 6mila a 1.500 euro all'acquisto di veicoli con emissioni tra 0 e 90 grammi/km di Co2. Anfia, che riunisce la filiera italiana, porta come esempio quello del modello più venduto in Italia, la Fiat Panda 1.2 prodotta a Pomigliano, tra le vetture non ibride con le più basse emissioni di Co2. Ebbene, con il nuovo sistema pagherebbe un'imposta che varia dai 400 ai mille euro. E sempre Anfia, da pochi giorni presieduta da Paolo Scudieri, spiega poi che anche molte utilitarie a gas, veicoli ad alimentazione alternativa, oltre a non avere alcuun bonus, rischierebbero di pagare un malus di 150 euro. «Un provvedimento come questo - stigmatizza l'associazione - colpisce la filiera industriale italiana che si è impegnata a investire nell'elettrificazione e mette in difficoltà gli operatori e il mercato, andando esattamente nella direzione opposta rispetto all'attenzione dichiarata nei confronti di un comparto chiave per il Paese». Il riferimento è alle parole che il premier Giuseppe Conte ha pronunciato l'altro giorno, a Roma, proprio in occasione dell'assemblea annuale di Anfia: «Non siamo sordi alle proposte di miglioramento, vogliamo essere vicini all'auto per affrontare e vincere le sfide, siete un comparto chiamato a sforzi sempre più rilevanti».
Provocatoria la proposta di Pierangelo Decisi, neo vicepresidente di Anfia Componenti e titolare del gruppo Sigit: «A questo punto, Fca sarebbe legittimata a rimettere in discussione il piano investimenti per l'Italia, viste le possibili ripercussioni sui consumi interni». La pensa così anche Marco Bentivogli (Fim Cisl): «Il piano Fca di 5 miliardi rischia di diventare carta straccia».
«Il fondo stanziato pari a 300 milioni - afferma Michele Crisci, presidente di Unrae (costruttori esteri) - oltre a essere scarso, così come orchestrato servirà solo a premiare circa 140mila auto, cioè lo stesso 8% del mercato 2018 relativo ai veicoli interessati. Sono soldi buttati. È un provvedimento inutile e contro ogni interesse del settore».
All'attacco anche Federauto (concessionari): «È una norma demenziale - taglia corto il presidente Adolfo De Stefani Cosentino - un vero boomerang con effetti recessivi sul mercato e sulle entrare tributarie. Un disincentivo alle vendite che porterà a gravi conseguenze occupazionali».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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