La tassa sulle rimesse degli immigrati in Italia ​che indigna i buonisti

A gennaio parte il balzello dell'1,5% sul money transfer. Barricate della sinistra contro il governo gialloverde

La tassa sulle rimesse degli immigrati in Italia ​che indigna i buonisti

I buonisti sono sul piede di guerra. Su Repubblica è partita la campagna contro la "tassa punitiva e xenofoba" che entrerà in vigore dal prossimo primo gennaio. Introdotto con il decreto fiscale, approvato recentemente dal governo gialloverde, il balzello dell'1,5% sui trasferimenti di denaro all'estero andrà a colpire soprattutto gli immigrati che lavorano in Italia e mandano i soldi a casa propria. Carlo Petrini, fondantore e presidente di Slow Food, ha attaccato a testa bassa l'esecutivo accusandolo di portare il Paese "sulla strada della chiusura e della xenofobia".

Mentre il governo è al lavoro per portare a casa l'ultimo passaggio della manovra economica in parlamento, entra in vigore un nuovo balzello dell'1,5 che, a partire dal prossimo primo gennaio, andrà a colpire tutte le operazioni superiori a 10 euro. Sono escluse solamente quelle che hanno fini prettamente commerciali. Per i buonisti si tratta di una misura "discriminatoria" che va a colpire gli extracomunitari che vivono e lavorano in Italia e che con il money transfer inviano i propri risparmi ai parenti rimasti nei Paesi d’origine. Per Petrini va addirittura a colpire "coloro che pagano le nostre pensioni perché versano oggi contributi che molto difficilmente incasseranno una volta anziani". Chi, invece, ha proposto il provvedimento spiega che serve a trattenere nelle casse pubbliche guadagni che sono stati maturati in Italia da questi cittadini.

In Italia, secondo un report della fondazione Leone Moressa, le operazioni di invio di denaro all'estero potrebbero arrivare a valere, a fine 2018, 5 miliardi di euro. Di questi circa l'80 per cento è andata a finire in Paesi extraeuropei. Per Petrini "tassare le rimesse è un provvedimento esclusivamente punitivo, espressione delle più becere tendenze xenofobe".

E lo paragona alla decisione del governo di non sottoscrivere il Global Compact, l'accordo voluto dalle Nazioni Umane per garantire a tutte le persone il "diritto a migrare". "Ma che Paese stiamo diventando?", si chiede Petrini invocando, come già in passato aveva fatto Roberto Saviano, la società civile a far sentire la propria voce.

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