
E adesso si vedrà la scena che era impensabile fino a pochi anni fa: l'erede di Gianni Agnelli che per un anno si dedica a lavori socialmente utili, aiutando anziani e svantaggiati pur di evitare il carcere. Tra John Elkann, presidente di Stellantis, e la Procura della Repubblica di Torino che lo accusa di truffa allo Stato, si raggiunge un accordo che chiude - per usare le parole di John - "una pagina dolorosa": ovvero l'inchiesta che ha rivelato come John e i suoi collaboratori abbiano deliberatamente occultato al fisco i redditi stratosferici accumulati dalla nonna Marella Caracciolo grazie al tesoro occulto creato da suo marito, l'Avvocato. Sotto lo schermo della residenza svizzera di Marella - che in realtà viveva a Villa Frescot, la dimora di famiglia sulle colline torinesi - sono stati evasi 284 milioni di tasse. La pace siglata tra pm e Elkann ha come terzo partecipe l'Agenzia delle Entrate, che incassa 183 milioni di risarcimento.
Il 13 luglio, quando gli stessi Elkann avevano annunciato l'intesa col fisco, i portavoce della famiglia avevano tenuto a precisare che "la definizione è stata conclusa senza alcuna ammissione neppure tacita o parziale della fondatezza delle contestazioni inizialmente ipotizzate". Ma la Procura è di avviso totalmente diverso e nel comunicato di ieri scrive che "plurimi, consistenti e convergenti elementi indiziari" dimostrano "come fittizia la residenza svizzera di Caracciolo Marella"; ed è chiaro che l'intesa con la Procura è figlia unicamente della consapevolezza da parte degli Elkann che - di fronte alla mole di documenti e di testimonianze accumulati in due anni di indagini - andare verso un processo rischiava di portare verso una condanna certa, e di pesantezza assai più maggiore.
Così ecco l'accordo: la Procura infligge a John Elkann un anno di "messa alla prova", comprensiva di lavori socialmente utili, e rinuncia a perseguire penalmente i suoi fratelli Lapo e Ginevra: che hanno beneficiato anche loro dell'operazione, ma non risultano mai avere partecipato alla sua organizzazione. Mentre di riferimenti a John Elkann pullulano le carte dell'inchiesta, dove la sigla del presidente di Stellantis viene spesso indicata come continuatore delle manovre avviate da suo nonno Gianni per creare - dietro lo schermo di una serie di fiduciarie - un tesoro estero di importo incalcolabile: "Ho ricevuto una comunicazione sui poteri di JE (John Elkann, ndr) in caso di impossibilità di GA, che ti allego. Sto verificando nell'archivio riservato di GA le pratiche personali e ti saprò dire sugli studi in tema di adozione", diceva un documento trovato nell'archivio di Franzo Grande Stevens, l'avvocato di famiglia morto nel giugno scorso. E di documenti simili ne sono emersi a decine: alcuni coloriti, come l'elenco della impressionante quantità di opere d'arte che facevano parte del tesoro; altri imbarazzanti, come le bugie organizzate per simulare la residenza estera di donna Marella.
Proprio lì, intorno alla residenza fasulla della nonna dei tre Elkann, si combatte il fronte che l'armistizio con la Procura non chiude. Un processo si farà comunque, perché dei due professionisti indagati insieme a John solo uno, Gianluca Ferrero, partecipa all'intesa (e patteggia la condanna più pesante), mentre il notaio Remo Morone rifiuta e affronta il processo. In quel processo la Procura dimostrerà che Marella stava in Italia.
E a quel punto Margherita Agnelli, figlia di Gianni e di Marella e madre conflittuale degli Elkann, tornerà all'attacco per avere le somme milionarie che sostiene le siano stati sottratte dai figli. Ieri ha fatto sapere, attraverso gli avvocati, che l'accordo torinese conferma "l'esistenza del piano fraudolento ideato ed attuato ai suoi danni sin dopo la morte del padre".