Tasse, Renzi annuncia tagli. Ma ha pronta la patrimoniale

L'Ue insiste: il carico fiscale va spostato sulla proprietà. E il governo prepara una manovra da 30 miliardi

Tasse, Renzi annuncia tagli. Ma ha pronta la patrimoniale

Rispunta ogni volta che il governo si trova in una posizione di debolezza rispetto all'Unione europea per colpa dei conti pubblici. Quindi molto spesso. Prende quota quando a Palazzo Chigi riacquista peso la voce dei sindacati. Come sta succedendo adesso. Fare cassa con i patrimoni delle famiglie è una tentazione sempreverde. Ieri, mentre il premier Matteo Renzi commentava gli investimenti italiani di Ryanair come la dimostrazione che «ridurre le tasse non è soltanto giusto, ma è anche un fatto di competitività», dalle parti del governo e della maggioranza si ricominciava a ragionare su una tassa. O meglio, una serie di modifiche al regime fiscale in vigore sui patrimoni, da presentare come un colpo alla «rendita», per favorire la «competitività e gli investimenti». Quest'ultimo dovrebbe essere l'obiettivo della prossima legge di Stabilità.

In sintesi, alleggerire le imprese, ma colpire i patrimoni. Come è già stato fatto con le case dai governi Monti e Letta. Oppure ricalibrare le tasse di successione, altro bancomat di ultima istanza e fenomeno carsico delle sessioni di bilancio più difficili.

Più che una volontà precisa del governo, potrebbe diventare un passaggio obbligato visto che l'Italia non rispetterà i limiti di deficit dettati dalla Commissione europea. Il rapporto deficit/Pil all'1,8%, visto il calo della produzione rispetto alle previsioni, è ormai una chimera. Con la legge di Stabilità andranno trovati 30 miliardi, 10 in più dei 20 preventivati. Ieri il ministero dell'Economia ha smentito la cifra, ma il viceministro Enrico Morando ha ammesso che sarà superato il 2%.

Senza il rispetto del limite al deficit, Bruxelles potrebbe chiedere l'applicazione alla lettera delle raccomandazioni Ue per l'Italia. Una ricetta per la crescita che nei mesi scorsi il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis aveva sintetizzato con l'indicazione a «spostare il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi e alle proprietà». In altre parole abbassare le tasse sul lavoro, e aumentare quelle sul patrimonio. L'Ue vorrebbe anche un aumento dell'Iva, ma quello è impraticabile per il governo. Se le cose si mettessero male, restano le raccomandazioni del Fondo monetario internazionale che per i Paesi con i conti fuori controllo prevede un prelievo dai patrimoni. In Italia a chiedere la patrimoniale sono i sindacati, che vorrebbero ottenere sette miliardi in tre anni per gli statali e tre per le pensioni.

Una ricetta precisa per colpire i patrimoni non c'è. Nei mesi scorsi era rispuntata l'idea di un balzello sui conti correnti, ad esempio un inasprimento del bollo. Diverso di nome, ma simile al prelievo forzoso sui conti di Giuliano Amato. Ipotesi poco praticabile, soprattutto in un periodo elettorale, con il referendum costituzionale alle porte. Per renderla digeribile, potrebbe essere limitata ai patrimoni o ai redditi più alti e presentata come misura di giustizia sociale.

L'altro modo è quello di modificare le tasse di successione. I cassetti del ministero dell'Economia sono pieni di simulazioni. La chiave è quella di ridurre la franchigia sotto la quale oggi gli eredi di primo grado non pagano, che è a un milione di euro. Sopra si paga il 4%. Da tempo i tecnici (e anche la sinistra) spingono per ridurre la franchigia portandola a 200mila euro.

Misure comunque impopolari e da camuffare in qualche modo. Quello che è certo è che il governo ha bisogno di fare cassa in modo sicuro e inattaccabile dall'Unione europea. La sfida per Renzi è farlo trovando una formula che non gli faccia perdere il referendum.

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