Tempesta nella notte la Calabria è sott'acqua

Un violento nubifragio si abbatte sulla costa ionica e nel Catanzarese turisti in fuga, case evacuate e strade franate

Rossano (Cosenza)Calabria nel fango: travolte le città di Rossano e Corigliano. Interviene l'Esercito. Centinaia gli sfollati, in migliaia al buio. Interrotte diverse strade e la linea ferroviaria. È la catastrofe. «Una cosa così l'avevamo vista solo al telegiornale, quando si parlava dell'alluvione di Genova», racconta una donna stretta tra le braccia di un poliziotto che l'ha strappata all'acqua che le ha distrutto la casa. Per un caso non ci sono morti, ed è l'unica differenza. Perché il resto è proprio come a Genova: torrenti che lasciano rabbiosi il loro letto, rioni inondati, auto trascinate in mare. Il copione s'è ripetuto a Corigliano e Rossano, i comuni più popolosi della Calabria ionica, talmente vicini da essere prossimi alla fusione. Insieme 90.000 abitanti, che d'estate diventano quasi il doppio. «Pioverà intensamente per 24 ore», aveva avvisato martedì la Protezione Civile, inascoltata. In serata il cielo s'è chiuso. «Tra le 3 e le 8 di mercoledì ne sono caduti 230 millimetri», 350 fino al pomeriggio, dicono dalla stazione meteo. A Corigliano le 4 fiumare che s'incontrano nel borgo marinaro di Schiavonea sono saltate fuori insieme. Ed hanno lasciato ovunque mezzo metro di fanghiglia. A Rossano è andata peggio, perché i torrenti corrono nella città. L'Inferno, nomen omen, è scoppiato all'alba affogando il litorale di Sant'Angelo. A dargli man forte il Citrea, che in centro ha iniziato a spazzare automobili e cassonetti spingendoli nello Ionio. Sulla litoranea se la sono vista brutta gli ospiti del camping Torino, evacuato in gran fretta. Piangono i gestori dell'hotel Murano: «Siamo rovinati. Non ci resta niente». Poco più in là, nelle contrade Pirro Malena e Momena, ci si appollaia sui tetti, in attesa di aiuto. Alla fine 800 saranno gli sfollati, per lo più turisti, trasferiti al palazzetto dello sport. In 10.000, invece, restano senza corrente. L'Enel manda 20 squadre, i Vigili del Fuoco si mettono in colonna da Campania e Lazio per dar man forte, l'Esercito scende in campo per spalare il fango insieme ai volontari. Intanto il presidente della Regione, Mario Oliverio, telefona al Governo amico (quello del masterplan per il Sud) per chiedere lo stato d'emergenza. E mentre da Roma il ministro dell'Ambiente Galletti annuncia una sua visita nella giornata di giovedì, i calabresi iniziano a far di conto. Nessuno sa dire, al momento, quanto serva per ricominciare. «Danni incalcolabili», è il ritornello. Divelti i binari della ferrovia ionica, sommersa dai detriti la statale 106, la Sibaritide si riscopre lontana dal resto d'Italia. Più di quanto già non sia. E poi i guasti all'agricoltura ed al turismo e due città in parte da ricostruire. Ripensando agli errori d'un passato ancora presente.

«È vero che le piogge degli ultimi due giorni sono state di intensità eccezionale e che la Calabria è esposta al rischio idrogeologico», spiega il presidente regionale dell'Ordine dei geologi, Francesco Fragale, «ma è altrettanto innegabile che sulla prevenzione si investa poco e che l'abusivismo resti una piaga sin qui trascurata».

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