Quello che tutti temevano è successo. Puntuali come i treni al tempo di Mussolini, le mani delle famiglie mafiose si sono allungate sul mega business dell'Expo. Molto meno puntuale, forse, è stata la procura di Milano che prima di disporre 11 arresti per associazione a delinquere finalizzata a favorire gli interessi di Cosa nostra, ha aspettato che l'allora commissario Expo Giuseppe Sala, poi candidato dal centrosinistra a sindaco di Milano (e i cui più stretti collaboratori sono da tempo finiti in carcere), vincesse la sua sfida elettorale. Di pochi voti, tanto che viene ora da chiedersi come sarebbe andata a finire la partita con Stefano Parisi se le manette per gli appalti sui padiglioni Expo fossero scattate 15 giorni prima del voto e non 15 giorni dopo. Nervo scoperto per i magistrati, visto che ieri dopo aver convocato una conferenza stampa per raccontare le meraviglie dell'indagine, se ne sono andati seccati quando è stato chiesto loro conto di una tempistica quantomeno sospetta e di un «modello Milano» che non ha saputo tenere di fronte alle infiltrazioni della mafia. Il solito brutto atteggiamento di magistrati che non vedono come la libertà di informazione non preveda domande buone o domande cattive, ma solo buone risposte a domande comunque legittime. A meno che ancora una volta la corporazione non abbia voluto chiudersi a riccio per difendere il collega Raffaele Cantone, quel commissario dell'Autorità nazionale anticorruzione che era stato chiamato al capezzale dell'Expo dopo la raffica di arresti e che era stato presentato come l'unico taumaturgo capace del miracolo di un grande evento mafia free. E, invece, non è stato così. Per Expo e Fiera non ci sono responsabilità penali, precisa la procura. Ma è un fatto che i controlli non abbiano funzionato e che le responsabilità ci debbano essere se la mafia è arrivata nel cuore dell'Expo, a costruire i suoi padiglioni più importanti come quello della Francia. E vien da chiedersi dentro quale baratro sia finito il Paese se le cosche di Pietraperzia e Castelvetrano, che dette i natali a Giovanni Gentile e oggi ricorda i Messina Denaro, possono permettersi di far scorrere «un fiume di soldi in nero» dentro l'evento più importante e più sorvegliato degli ultimi decenni. Facendo diventare, alla faccia del «Modello Milano» tanto vantato da Sala e da Renzi, Expo e Fiera Milano il bancomat di Cosa nostra. Ma gettando qualche ombra anche sulla magistratura sospettata, come fatto intravedere in un'intervista l'ex procuratore Bruti Liberati, di aver concesso all'Expo una «moratoria» che ha congelato chissà quante indagini.
Alla faccia dell'obbligatorietà dell'azione penale e del «non poteva non sapere». Moratoria prolungata alla chiusura di Expo a ottobre dalla decisione di Renzi di candidare Sala sindaco. E adesso? Finisce qui o ci sono altri fascicoli nel congelatore dei magistrati da tirar fuori?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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