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Terremoto, il Pd piglia tutto. Sindaci estromessi dal governo

Fondi gestiti dal commissario Errani. Dei 4,5 miliardi stanziati, solo 300 milioni sono subito disponibili

Terremoto, il Pd piglia tutto. Sindaci estromessi dal governo

Roma - «Un nuovo modello», dice il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Claudio De Vincenti. «Modello mai visto prima per queste zone appenniche», rincara il commissario per la ricostruzione, il Pd Vasco Errani. Ma il decreto legge per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del 24 agosto presentato ieri riparte dall'esperienza dell'Aquila.

La differenza maggiore è la centralizzazione: il dominus dell'intera macchina sarà Errani, circostanza che le forze sociali del Lazio avevano già subodorato, temendo che si traducesse in appalti alla filiera delle coop, tanto cara all'ex governatore dell'Emilia, a scapito di quelle del territorio. «Ci saranno quattro stazioni appaltanti -spiega il Commissario- gli uffici per la ricostruzione, il ministero delle Infrastrutture e quello dei Beni culturali». Nella conferenza stampa a Palazzo Chigi non vengono mai nominati i sindaci, protagonisti di passate ricostruzioni, mentre a garantire il collegamento con il territorio dovrebbe essere la nomina a vice commissari dei presidenti delle quattro regioni coinvolte (Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria). Ma resta da vedere che deleghe concrete avranno.

Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice, si dice comunque soddisfatto: «Il governo ha ascoltato e recepito le mie indicazioni e richieste: il 100% di risarcimento per la ricostruzione sia delle prime che delle seconde case». Il contributo integrale per le seconde case è in effetti una novità, ma ineludibile, essendo i paesi colpiti in gran parte composti da case di vacanza. I cittadini non toccheranno direttamente nemmeno un euro, dice il decreto, potranno scegliere solo la banca che erogherà il contributo direttamente ai professionisti e alle imprese man mano che procede la ricostruzione, certificata dagli uffici per la ricostruzione. Come all'Aquila, lo Stato finanzierà la ricostruzione con criteri di miglioramento anti sismico. «Non mi sembra -commenta l'ex governatore dell'Abruzzo e commissario per la ricostruzione dell'Aquila Gianni Chiodi- che sia stato sciolto il nodo principale, la farraginosità burocratica che è il vero intoppo che rallenta tutto. Gli uffici per la ricostruzione dovranno avere un bel po' di personale per fare tutto questo lavoro».

Sul fronte dei controlli, tante cose già viste: la white list delle imprese, l'elenco speciale dei professionisti abilitati, più una struttura speciale di monitoraggio guidata da un prefetto e il solito, onnipresente controllo dell'Anac, l'autorità anticorruzione ormai trasformata in santino buono per tutte le occasioni.

Il capitolo dei soldi parte da uno stanziamento di 200 milioni per avviare la ricostruzione, più altri 100 per coprire il congelamento di tasse e oneri sociali per cittadini e imprese colpiti dal terremoto. Le risorse vere, stimate in circa 4,5 miliardi, a differenza di quanto accadde all'Aquila, sono rinviate alla legge di Bilancio. Passaggio obbligato per cercare di ottenere flessibilità da Bruxelles. Il successo dell'operazione sarà legato anche agli investimenti di imprese private, come Tod's, che si è detta interessata ad aprire uno stabilimento ad Arquata del Tronto.

Ieri intanto il premier Renzi è andato nelle zone terremotate a incassare il plauso per il decreto. E il sindaco di Amatrice ha approfittato per strappare al premier la benedizione per la sua idea di creare una fabbrica di sugo all'amatriciana. Chissà che anche questo non serva.

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