Roma - È imparziale e indipendente, il magistrato parlamentare, dunque va promosso. Un paradosso? Ma è questo che succede al Csm ogni volta che si fa la valutazione di professionalità di senatori e deputati in aspettativa, perché eletti alle Camere. Per le toghe c'è il divieto assoluto di iscrizione ai partiti politici, ma quando si candidano con un partito e lo rappresentano in parlamento il divieto non vale più. Anzi, la loro carriera va avanti come se fossero in un ufficio giudiziario e in base ad un giudizio di merito necessario da quando, nel 2006, è cambiata la legge che prevedeva scatti automatici legati all'anzianità di servizio.
Tra i criteri che Palazzo de' Marescialli deve valutare ogni 4 anni, dall'equilibrio alla capacità, dalla laboriosità alla diligenza e all'impegno, ci sono proprio indipendenza e imparzialità. Come può essere indipendente e imparziale un deputato o una senatrice schierati da una parte politica? Mistero. Ma è così che funziona. E mentre per i magistrati che lavorano in tribunale, procura o nelle varie Corti, arriva al Csm il parere del Consiglio giudiziario su produttività di indagini, sentenze, delibere e attitudini organizzative, per i parlamentari il giudizio viene dalla presidenza della Camera di appartenenza. Un giudizio che non può che essere sull'attività politica, ben diversa da quella giudiziaria. Su questa base arriva la promozione. In aspettativa per mandato parlamentare non si prende lo stipendio ma l'indennità connessa al ruolo, intanto però si maturano aumenti di stipendio e trattamento previdenziale di cui si godrà alla fine dell'avventura politica, magari 30 anni dopo. Come Anna Finocchiaro del Pd, sempre eletta dal 1987 ma arrivata alla settima valutazione di professionalità, il massimo.
È lei la record-woman, ma le fila dei magistrati parlamentari sono affollate, dall'ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma sempre eletto dal 2001 al senatore dem Felice Casson che ha tolto la toga 11 anni fa, dal deputato di Sc Stefano Dambruoso, fuori dalla magistratura da oltre 11 anni ma alla sesta valutazione a Donatella Ferranti del Pd, che non esercita da 17 anni (fuori ruolo come segretario generale del Csm, poi in aspettativa da deputata). In grande imbarazzo, lo stesso Csm ha segnalato più volte l'anomalia in pareri espressi e il vicepresidente Giovanni Legnini ha chiesto di cambiare la legge. Ma nulla è successo. Una delle ultime valutazioni fatte riguarda Doris Lo Moro, senatrice Dem che non indossa la toga da 18 anni, prima per mandato amministrativo e dal 2008 parlamentare, ma è arrivata al grado massimo. Il suo è un caso clamoroso. Lei stessa ha raccontato che Matteo Renzi le ha proposto di nominarla giudice del Consiglio di Stato, doveva lasciare Palazzo Madama con 2 anni d'anticipo, però si è fatta due conti e le prospettive erano migliori nella giustizia amministrativa che rientrando come giudice di Cassazione. Ma a metà settembre qualcosa è andato di traverso e il Consiglio di Stato ha dato parere negativo. Ha riconosciuto che aveva le carte in regola (proprio per la carriera maturata da parlamentare), però l'ha scartata per incompatibilità. Al suo posto, il premier ha fatto nominare Antonella Manzione, capo dell'ufficio legislativo di Palazzo Chigi, che pare tutti i requisiti non li avesse. «Inaudito - ha protestato la Lo Moro -, mi hanno detto che non era il caso di nominare un parlamentare in carica.
Quasi che la politica possa avermi tolto i requisiti che ho. Tutto ciò è irragionevole e discriminatorio». Ma la politica è così, certi privilegi li riconosce da un lato e li nega dall'altro, in base all'opportunità del momento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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