L a prima mossa porta la firma di Giovanni Toti. Mentre il dibattito interno a Forza Italia continua a consumarsi su metodi e sistemi per arrivare a inizio autunno al congresso della rifondazione, il governatore della Liguria annuncia un'iniziativa che vuole rappresentare una sorta di «atto costitutivo» per un nuovo soggetto politico all'interno della galassia del centrodestra. Segno che il consiglio di Berlusconi («se Toti esce da Forza Italia si condanna all'invisibilità») non è stato seguito. Intervenendo alla trasmissione di Lucia Annunziata Mezz'ora in più, Giovanni Toti annuncia l'organizzazione di un evento per il 6 luglio prossimo in un teatro della capitale. «Non vorrei lanciare un movimento, ma si sta pensando a un'assemblea - spiega davanti alle telecamere di Rai3 - Un modo per trovarci insieme e per discutere». Il governatore della Liguria mette le mani avanti. Non si tratta di una scissione. Bensì di un confronto. Il teatro romano, dice, sarà la cornice di un dibattito ampio cui sono invitati a partecipare tutti. Soprattutto i compagni di partito.
Per il momento all'appello ha risposto soltanto Osvaldo Napoli, parlamentare azzurro nonché capogruppo in Consiglio comunale a Torino. L'importante, spiega Napoli, è che l'iniziativa non sia stata messa in piedi contro qualcuno o qualcosa. Insomma: va bene esserci purché sia soltanto un confronto dialettico che resti sul piano della teoria politica. «Discutere pubblicamente il futuro del movimento che è stato la spina dorsale della politica italiana per un quarto di secolo è una manifestazione di affetto per il movimento e il suo fondatore. Discutere e confrontarsi è il sale della democrazia e non può mancare in un partito che sia davvero liberale, moderato e riformista».
Un altro sì Toti lo incassa da Roberto Maroni. L'ex governatore della Lombardia si è dimostrato disponibile al confronto. «Lo spazio politico c'è. Andrò volentieri, se Toti mi invita, a discutere sui contenuti sulle cose concrete e utili». L'idea è quella di trovare un modo per creare una seconda gamba moderata che sostenga l'impianto sovranista del centrodestra come si sta delineando in questi ultimi mesi con l'ascesa di Salvini a leader naturale della coalizione. L'argine al sovranismo e al taglio radicale della politica sociale immaginata da Salvini (e confermata dall'altro alleato Giorgia Meloni) conferma la necessità (e soprattutto l'urgenza) di ridefinire il ruolo e lo spazio d'azione dei moderati. Su questo già Berlusconi, Paolo Romani e Mara Carfagna nei giorni scorsi hanno avuto modo di pronunciarsi. Resta il problema del modo. E soprattutto di chi avrà l'onere e l'onore di guidare il cambiamento e di portare il partito al congresso.
Tutti sono concordi almeno sui tempi. Si deve fare in fretta, sono pronti a dire in un coro mai così armonizzato. «Bisogna rompere gli indugi, superare gli schemi per entrare nella Terza Repubblica da protagonisti - avverte Toti - Oggi il centrodestra sta bene, con il 34% di Salvini e l'8% di Berlusconi. Sono le proporzioni che destano preoccupazione». Incalzato dalla Annunziata, però, Toti giura che non cerca una via di fuga. «Non voglio l'ennesima scissione - si affretta a spiegare -, bensì vedere tutta Forza Italia nonché le varie associazioni a dire la propria ma in modo diverso dalle stanze chiuse e gli uffici di presidenza.
Dobbiamo costruire un centrodestra con un'anima che sia leghista ma moderata, riformista, popolare, cattolica, socialista».Resta sul tavolo il tema cruciale del comitato di saggi che dovrebbe portare al Congresso. Secondo Toti non andrebbe scelto tra i dirigenti attuali «rottamati» dal voto delle Europee.
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