Al ministro Giovanni Tria è toccata casualmente la giornata migliore per spiegare a Di Maio e Salvini quanto dovranno tenere basse le aspettative per la prossima legge di Bilancio e quindi per approvare le misure più attese, flat tax e reddito di cittadinanza. Ieri era in programma il primo supervertice governo/maggioranza con il responsabile dell'Economia, il premier Giuseppe Conte, i due vicepremier e leader di M5s e Lega e il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti. E proprio ieri la Borsa ha registrato una delle peggiori sedute del mese.
A piazza Affari l'indice Ftse Mib ha chiuso a -1,73%. Peggiore in Europa, comunque in buona compagnia visti i ribassi registrati a Francoforte, Londra e Madrid, col Dax cede l'1,50% il Ftse100 che lascia sul campo l'1,01% e l'Ibex che arretra dell'1,03%. Colpa dell'escalation della guerra sui dazi (Trump vuole portare quelli sui prodotti cinesi dal 10% al 25%). Ma nel caso italiano pesa anche l'aumento dello spread, cioè il differenziale tra il Btp decennale e il pari scadenza tedesco, che ieri ha toccato il massimo del mese, superando la soglia dei 250 punti base per poi chiudere a 246, su livelli che non si vedevano da fine giugno scorso.
Colpa delle fibrillazioni politiche interne. Ma anche del clima pesante che si sta creando sul debito italiano. Non a caso a risentirne sono stati i titoli bancari che hanno registrato perdite sopra i tre punti percentuali. Compresa Intesa (-3,86%) nonostante i buoni conti, Unicredit -4,27%. Un po' meglio Ubi (-1,765) dopo l'operazione di cartolarizzazione di Npl.
Un assaggio di cosa potrebbe succedere nel giro di due mesi se le cose si mettessero male. Ad esempio se le agenzie di Rating Moody's e Fitch tra la fine di agosto e gli inizi di settembre dovessero declassare il debito italiano. Se lo faranno il governo sarà costretto a pagare interessi sul debito più alti. Sui titoli in scadenza in settembre si ipotizza una spesa aggiuntiva superiore ai tre miliardi. Un altro conto extra che si aggiunge a quello causato dalla crescita del Pil del 2018 (con effetto trascinamento sul 2019) inferiore alle aspettative, circa 8 miliardi di euro. Se nel conto si mettono anche le spese inevitabili, poco meno di 16 miliardi per evitare gli aumenti dell'Iva e altre misure obbligatorie, l'Italia è a forte rischio su vari fronti. Quello europeo, per non avere rispettato i patti. E quello dei mercati, pronti a interpretare ogni segnale che arriva dal governo per decidere se vendere o tenere titoli di stato italiani.
A ben vedere, sta già succedendo, ha notato ieri Renato Brunetta di Forza italia commentando il rialzo dello spread. «È evidente che gli acquirenti internazionali hanno ricominciato a vendere i nostri titoli di Stato». Tutto dipende da quale linea prevarrà, «tra la linea della disciplina fiscale del ministro Tria e quella della politica economica tassa e spendì dell'asse Lega e Cinque Stelle.
Considerando che il prossimo autunno le principali agenzie di rating dovranno esprimere il loro giudizio sul debito italiano e che la Bce cesserà il suo programma di acquisto dei titoli di Stato, c'è davvero da augurarsi che prevalga la posizione del ministro dell'economia. Altrimenti, un nuovo attacco dei mercati è praticamente scontato». Fino a ieri sera il governo ha smentito il super vertice. Ma i temi che erano in agenda non sono evitabili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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