Roma Se c'è una cosa che non difetta a Matteo Renzi, il ragazzo con la valigia, è la fantasia. Se l'hai non ti fermi, ne pensi sempre una diversa. Hai estro. Da un po' di tempo Matteo si aggira per l'Italia col trolley come lo stupefatto protagonista di This Must be the Place, il dolceamaro film di Paolo Sorrentino. Citazione cinefila largamente rivisitata. Perché tra il trolley sgangherato dell'abulico Cheyenne e quello sfolgorante dell'ex premier c'è una bella differenza che salta all'occhio. Matteo trascina un oggetto griffato da 1.350 euro, l'altro un ammasso multicolore con le ruote. Una caduta di stile poco di sinistra.
Come se non bastasse, l'oggetto in questione è al top del catalogo di una nota azienda che fa anche costosissime penne stilografiche, tanto per intenderci. Una scelta coraggiosa che a qualcuno a fatto storcere la bocca. Certo, se devi girare il Paese in lungo e largo per tornare a fare il primo ministro devi puntare sulla resistenza, sulla qualità della materia prima. E così devi avere il massimo. Diciamo così. E diciamo anche che in questo modo Renzi si è - in pratica - allineato al «nemico» D'Alema quanto a griffe. Ricordate le polemiche per le scarpe da barca di «baffetto»? Che sia questo un punto di convergenza assieme al fatto di aver ripetuto più volte la parola compagno?
Oggetto ad hoc rispolverato per il gran ritorno sulle scene di Matteo Renzi, quello del trolley. La valigetta verde mantide con le ruote compare sul poster dell'assemblea al Lingotto, la neo Leopolda dell'ex premier. Piccolo dettaglio, lo sfondo verde clorofilla che a molti ricorda la Lega di Salvini. Quattro anni fa il simbolo della mobilità era un camper. Vent'anni prima il pullman di Romano Prodi. Ora il trolley di chi corre da solo, di chi vuole dimostrare di non dover chiedere niente a nessuno e che, alla festa dell'Unità con i suoi panini al salame e le birrette, preferisce il dibattito cinefilo, una cosa ufficialmente di sinistra. L'intento, studiato a tavolino, è ripartire con alcuni punti fermi della predicazione veltroniana. Spiega, del resto, il braccio destro economico di Renzi, Tommaso Nannicini, in un'intervista rilasciata ieri a la Stampa: «Al Lingotto di Torino è iniziata la storia di un partito a vocazione maggioritaria che non si rassegna alle regole della democrazia consociativa. Quella che uno va a votare, poi si decide con chi allearsi a tavolino dopo le elezioni». Lui, Matteo no. Armato di trolley rigido sta «imparando tante cose belle e incontrando storie vere che fanno bene al cuore e ossigenano la testa», fa sapere orgoglioso. Ma Renzi è tornato al Lingotto di Torino, il luogo simbolo della sinistra sindacale, delle lotte degli operai della Fiat e del lancio del Pd veltroniano nella maniera - forse - sbagliata.
Ha ritenuto esagerato anche il camper? Ci è andato col trolley, quello piccolo che si usa per le scappatelle, i fine settimana dagli amici. Dentro ci metti lo spazzolino da denti, un paio di camicie bianche, il libro e qualche cambio. Giusto un salto. A buon intenditor.
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