Troppi tagli, forze dell'ordine in rivolta

La minaccia dello sciopero di Arma e polizia agita il Pd, Bersani spara: «O premier o segretario, il partito rifletta»

Troppi tagli, forze dell'ordine in rivolta

RomaAltro che autunno caldo: ora anche le forze dell'ordine sono pronte - anzi, «costrette» - a scioperare. La dura presa di posizione dei sindacati di polizia e degli organismi di rappresentanza dei militari arriva in risposta all'annunciata conferma del blocco dei tetti salariali - congelati da quattro anni - da parte del governo. E «costringe», per la prima volta nella storia della Repubblica, gli uomini in divisa a uno sciopero generale «che si terrà entro la fine di settembre», spiega la nota congiunta di sindacati e Cocer interforze, che rimarca la mancata «riconoscenza» da parte del governo verso quanti per 1.300 euro al mese «sono pronti a sacrificare la vita per il Paese».

Si va verso lo sciopero, dunque, e già «da subito» verranno messe in campo altre iniziative di protesta in tutta Italia, per «sensibilizzare» i cittadini sulle «disfunzioni e i rischi» del sistema, ma anche per denunciare «scorte e privilegi che la casta continua a preservare». Ad accendere le polveri era stato mercoledì il Cocer carabinieri che, replicando alle dichiarazioni del ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, aveva annunciato iniziative per denunciare «le condizioni precarie in cui opera» l'Arma. Una rivendicazione ripresa, ieri, dagli altri organismi di rappresentanza militari e sfociata nell'annuncio congiunto della clamorosa protesta. Inevitabile, secondo il segretario del Siulp, Felice Romano, che contesta l'intenzione di proseguire il blocco del tetto salariale per il quinto anno consecutivo, proprio mentre «il governo annuncia investimenti per 3,5 miliardi di euro». Confermare il blocco, insomma, secondo il capo del Siulp «è una scelta politica che fa il governo, stabilendo che sicurezza, difesa e soccorso pubblico non sono tra le priorità». E tutto «mentre il sottosegretario con delega ai servizi segreti Marco Minniti lancia l'allarme terrorismo. Evidentemente il governo intende fronteggiarlo con il primo sciopero del comparto sicurezza e difesa», prosegue Romano, diffidando chiunque «dal dire che non siamo responsabili: da anni ci sacrifichiamo e moriamo per 1.300 euro al mese, spendendo di tasca nostra per benzina, uniformi e pure munizioni». Insomma, il governo è distante e distratto, e «la misura è colma».

I rappresentanti di forze dell'ordine, vigili del fuoco, aeronautica, carabinieri, esercito, fiamme gialle e marina, annunciando lo sciopero rimarcano infatti proprio la «chiusura del governo» e le richieste «inascoltate» di incontrare Renzi. Ma nel mirino finiscono anche i «capi dei singoli corpi e dipartimenti e i relativi ministri», che avrebbero «girato le spalle al proprio personale». «Il tradimento più grosso - insiste Romano - è l'atteggiamento dei nostri capi, che non sono riusciti a rappresentare le condizioni inumane e inaccettabili nelle quale lavoriamo, la nostra disperazione, la nostra incazzatura». Il documento congiunto annuncia di voler chiedere la testa di tutti - capi e ministri - se nella legge di stabilità, che sarà presentata dal governo il prossimo 15 ottobre, verrà confermato il blocco del tetto delle retribuzioni. «Riceverò gli uomini in divisa ma non accetto ricatti», replica dal Galles Renzi, che avrebbe definito «ingiusto» scioperare per un mancato aumento contrattuale «quando ci sono milioni di disoccupati», mentre Palazzo Chigi ricorda che il blocco degli stipendi degli statali era già previsto nel Def. L'offerta di un incontro con il premier viene accolta con «piacere» da sindacati e Cocer. Che rimarcano «con meno piacere» la «confusione tra la rivendicazione dell'apertura del contratto, che non abbiamo mai chiesto, e quello che chiediamo: il mancato rinnovo del blocco del tetto salariale, che da 4 anni ci toglie soldi che ci spettano a fronte di maggiori responsabilità e totale disponibilità all'impiego per la sicurezza del Paese». Insomma, solo «la restituzione del maltolto».

Maurizio Gasparri e Pietro Grasso si schierano con le divise, ma per Renzi i venti di sciopero non sono l'unico problema.

Dopo l'attacco di D'Alema, il premier finisce nel mirino di Pier Luigi Bersani: «Quando il tuo segretario è capo del governo devi stare attento a quel che dici. La discussione è un po' inibita, il partito deve fare un'ampia riflessione».

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