Se si andasse a elezioni, grazie agli scontenti del Movimento 5 Stelle, Matteo Salvini potrebbe veramente puntare a percentuali bulgare. A giudicare da voci di corridoio nei palazzi del potere, infatti, sono già molti i parlamentari pentastellati pronti ad abbandonare la barca per aderire a movimenti politici esterni al M5s e più vicini all'alleanza di centrodestra che si appresta a essere siglata. Non a caso, nell'intervista al Giornale di ieri, già Salvini aveva lanciato un segnale «ai tanti grillini positivi che abbiamo conosciuto. Non tutti i 5 Stelle sono come Fico o Di Battista».
D'altronde, già in passato sono stati molti i deputati e i senatori che hanno dato forfait al prodotto di Grillo e della Casaleggio per aderire a partiti di centrodestra. Al momento i nomi sono top secret. Il massimo riserbo è dovuto al fatto che nessuno vuole scoprire le carte, se non alle porte con le prossime consultazioni elettorali, laddove ci dovessero essere. Ma cosa certa è che chi ha deciso di schierarsi dalla parte di Salvini proviene più che altro dall'area di Luigi Di Maio o del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ritenuti più «democristiani» rispetto alla frangia più estrema e pacifista del movimento, ovvero quella, per capire, più legata al presidente della Camera Roberto Fico.
Tra i pentastellati, che continuano a lamentare di avere poca libertà di espressione e che tutte le decisioni cadano dall'alto, ovvero arrivano da qualcuno che non si sa mai chi sia, a non andar giù sono soprattutto i «no» del M5S poi diventati «sì». Tra tutti il no euro, il no Tav, il no vaccini, il no Tap, il no Ilva, il no F-35, il no tre mandati, il no in tv, il no premier eletto, il no elettrosmog e il no Afghanistan.
La base pentastallata tende quasi tutta alla sinistra più estrema, per intenderci è filo Potere al popolo ed è difficile che possa decidere di allearsi con un Pd che oggi non è né carne né pesce. Ecco perché tra i più moderati c'è chi sceglierà di appoggiare Salvini alle prossime elezioni. In passato qualcosa del genere si era già visto con i gruppi «In Movimento», di Arianna Xecalos, consigliera 5 stelle fiorentina, ma di origini greche, fuoriuscita dal Movimento e finita ad appoggiare Fratelli d'Italia. Il padre Constantin, uno degli ideologi più vicini a Beppe Grillo, è un forte sostenitore dell'uscita dall'euro e sposa le idee dei leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai. Insomma, durante le sue conferenze ha sempre spiegato come solo con una sorta di Brexit italiana si può evitare la fine della Grecia. E molti pentastellati sembrano sposare le sue teorie, tanto che avrebbero deciso di fuoriuscire per fondare anche loro movimenti simili o aderire a quelli già esistenti.
Peraltro, molti parlamentari 5S già borbottano in seguito alle parole di Beppe Grillo, che l'altro ieri ha dettato la sua linea dicendo che preferisce provare a formare un nuovo governo con chi ci sta che andare a elezioni. «Mi eleverò - ha scritto - per salvare l'Italia dai nuovi barbari. Non si può lasciare il Paese in mano a della gente del genere solo perché crede che senza di loro non sopravviveremmo». Ma molti pentastellati invitano Grillo a essere meno azzardato e a guardare i numeri delle scorse elezioni amministrative, con il Movimento che ha dimezzato le percentuali e una Lega che vola e che, se si dovesse andare a votare, rischia di prendere oltre il 40 per cento.
E questo Grillo lo ha capito bene, tanto che farà di tutto per salvare le poltrone dei suoi deputati e
senatori. Da tenere in conto, oltretutto, che qualcuno dei suoi, visto che la barca sta affondando, potrebbe decidere anche di passare a un partito di centrodestra e correre alle elezioni nella stessa squadra di Salvini.
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