Era bella e arrabbiata, ma sempre con il sorriso. Era nera, lesbica, femminista, mamma e si batteva per i diritti degli abitanti di quell'inferno metropolitano che sono le favelas di Rio de Janeiro. Era popolare, amata, la quinta tra i candidati più votati alle ultime elezioni amministrative. Aveva trentotto anni, era tutto questo e non lo è più, Marielle Franco, uccisa da quattro colpi esplosi da un'auto in corsa in rua Joaquim Palhares, nella zona di Estácio. Con lei è morto anche il suo autista, Anderson Pedro Gomes, colpito da alcuni degli altri colpi sparati, in tutto nove, di Calibro 9. Illesa per un capriccio del destino Fernanda Chaves, consigliera del Partido Socialismo e Libertade (Psol), costola di fuoriusciti dal PT, il partito dei lavoratori di Lula e Dilma Rousseff. Anche lei era su quell'auto che tornava da un incontro politico sui diritti delle donne ma i proiettili non l'hanno nemmeno sfiorata.
«È stata un'esecuzione», dice Marcelo Freixo, deputato del Psol. E la polizia è d'accordo con lui e parla apertamente di agguato. Del resto Marielle era una vittima designata. Nata nella favela della Maré, dove i narcotrafficanti si fanno beffe dei militari in assetto da guerra schierati a fianco dei carri armati, si batteva da anni per dare dignità alla gente onesta che vive in quei luoghi dove la legge dei banditi è più forte di quella dello Stato e tutte e due giocano sul campo della violenza cieca. Il giorno prima dell'agguato Marielle aveva postato l'ennesimo messaggio di denuncia dell'operato delle forze dell'ordine, ricordando un'altra vittima della violenza: «Ancora un omicidio che potrebbe entrare nel conto di quelli compiuti dalla polizia militare. Matheus Melo stava uscendo dalla chiesa. Quanti altri devono morire prima che finisca questa guerra?». La giovane consigliera era sola con il suo entusiasmo contagioso ma evidentemente dava abbastanza fastidio alle bande o alla polizia militare da meritarsi il disturbo della condanna a morte.
Rio è abituata alla violenza cieca e alla conta dei morti nei suoi quartieri di frontiera. Ma è rimasta sconvolta dalla morte di Marielle, che combatteva la violenza con il sorriso.
L'omicidio ha creato un'ondata di compassione e sdegno ed è stato anche condannato da ministro per la Sicurezza pubblica, Raul Jungmann. Il governo ha garantito che condurrà un'inchiesta rigorosa. Ma forse, probabilmente, inutile.
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