La sfida all'austerità e al metodo Merkel per risanare i conti pubblici è ufficialmente partita. Ieri la Francia ha dato il via alla rivolta contro Bruxelles e contro i nuovi sforzi per riportare il deficit sotto controllo. Da Berlino la reazione è stata immediata. "I Paesi devono fare i loro compiti per il loro benessere", ha replicato Angela Merkel rimettendo subito al proprio posto quei paletti che Parigi vorrebbe mettere da parte. Ma la perentorietà della cancelliera tedesca non sembra scalfire più nessuno. Il premier Matteo Renzi, in visita a Londra per presentare il piano di riforme, ha detto chiaramente di sostenere la linea di Francois Hollande e Manuel Valls: "Rispetto la decisione di un Paese libero e amico come la Francia, nessuno deve trattare gli altri Paesi come si trattano degli studenti".
Renzi è arrivato a Londra in un momento cruciale per il suo governo. Ma soprattutto per la credibilità dell'Italia di fronte a quella riforma, il Jobs Act, su cui sono puntati gli occhi degli investitori stranieri e che continua a trovare ostacoli nella strada verso l'approvazione. Ma non solo. Il premier ha fatto il bilancio su tutto il pacchetto di riforme italiane in dieci punti fondamentali: dalla pubblica amministrazione alla scuola, dal lavoro alla giustizia. Ma al centro del colloquio c'è stata anche l’Europa, con la decisione della Francia di sforare il 3%, e la ferma determinazione dell’Italia a mantenere quel vincolo. Il tutto mentre si avvicinano gli esami Ue sulle leggi di stabilità. "Gli impegni presi vanno rispettati", ha ricordato il portavoce del commissario agli Affari economici Jyrki Katainen. Ma sia la Francia sia la Spagna hanno già fatto sapere che ne hanno le scatole piene con quell'austerity che sta trascinando l'Eurozona negli abissi. "Non chiederemo ulteriori sforzi ai francesi. Perché il governo adotta la serietà di bilancio per rilanciare il Paese, ma rifiuta l’austerità", ha detto ieri il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, confermando la revisione al rialzo delle stime del deficit al 4,4% per il 2014 e 4,3% per il 2015, con il ritorno sotto il 3% solo a fine 2017. La seconda economia della zona euro è quindi costretta, per la terza volta, a chiedere a Bruxelles un nuovo rinvio sugli obiettivi di risanamento.
A differenza della Francia, il governo italiano è fermamente orientato a lavorare per rispettare i limiti del 3%. Questo non toglie, tuttavia, che Renzi si impegni ideologicamente a sostenere la posizione della Francia. Non gli sono, infatti, piaciuti gli attacchi della Merkel. "Se la Francia ha deciso così avranno i loro motivi - ha spiegato il premier - rispetto le decisioni di un Paese libero come la Francia e credo che nessuno abbia il diritto di trattare gli altri Paesi con lo stile con cui si trattano gli studenti". La sfida francese è destinata a riaprire il dibattito su rigore e flessibilità che negli ultimi mesi si era spento date le posizioni ancora troppo distanti in Europa e l’impossibilità di arrivare a una visione unica su una nuova interpretazione della disciplina di bilancio. Il dibattito entrerà anche nella nuova Commissione, che dovrebbe insediarsi agli inizi di novembre: il giudizio sui conti pubblici sarà affidando al socialista francese Pierre Moscovici, supervisionato dal popolare lettone Valdis Dombrovskis, l’ex premier che non ha risparmiato sforzi al suo Paese per traghettarlo nell’euro.
E sopra tutti, Jean Claude Juncker, presidente dell’Eurogruppo negli anni della crisi che dovrà mediare ancora una volta tra il rigore della Merkel e la necessità di aiutare gli Stati che ancora non riescono ad uscire dalla recessione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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