L'identità religiosa tra i musulmani continua ad aumentare. Soprattutto in Europa e nel mondo occidentale. "Quello di Strasburgo è l'ultimo colpo di coda dello jihadismo come lo abbiamo conosciuto finora", avverte il professore emerito dell'Università di Louvain, Felice Dassetto, che in passato ha fondato il Centre Interdisciplinaire d'Études de l'Islam dans le Monde Contemporain. "Il terrorismo che rimanda ad al Qaeda e all'Isis mi pare rientrato, da un lato è più monitorato e dall' altro, con la sconfitta in Iraq e Siria, ha perso appeal - spiega in una intervista alla Stampa - la domanda è quale sarà la nuova narrazione jihadista, che forme prenderà".
Per capire dove si sta muovendo l'islam radicale Dassetto invita a concentrarsi sul mondo musulmano arabo mediterraneo dal momento che quello asiatico non ha subito "scossoni recenti equiparabili alle primavere del 2011". "Il cambiamento riguarda l'islam nordafricano e quello europeo - avverte - l'Arabia Saudita propone un percorso, ma per andare oltre la cosmesi bisogna seguire l'università di Medina, dove si formano i musulmani non arabi e dove sono nati i leader salafisti degli anni 90. Anche il Marocco fermenta, l'università al-Qarawiyyin è passata sotto il controllo dello Stato e ha introdotto un po' di scienze sociali, materia che va tanto di moda per interpretare il radicalismo".
Ma il vero problema per l'islam contemporaneo è la scomparsa quasi totale del mondo laico. La religione si espande, e quersto è tipico dell'islam, ma mancano i moderati, quelli con cui si potrebbe avviare un dialogo, soprattutto per arginare le frange più estreme, come i Fratelli musulmani. Lo conferma lo stesso professore: "C'è un po' di disaffezione, ma non c'è un abbandono di massa della fede, il fenomeno riguarda al massimo il 10, 15%. Magari cala la pratica, il consumo di carne halal: ma l' affermazione dell' identità religiosa supera l' 80%. Certo questo islam identitario ha bisogno di una nuova socializzazione religiosa come risposta al terrorismo, ma la trova piuttosto nel ritorno all' islam pio, devoto, meno politica e più ortodossia. Il venerdì in moschea ci sono più giovani". Il che, come ovvio, implica diversi problemi in quanto i giovani tendono spesso a radicalizzarsi, soprattutto se vivono in condizioni di estremo disagio. Molti casseurs, teppistelli, di origine araba che vivono in Francia, per esempio, in questi anni hanno raggiunto le bandiere nere dello Stato islamico per combattere il jihad.
E gli elementi radicali intanto avanzano, anche perché si occupano del welfare: "Il salafismo pietista, più dei Fratelli Musulmani, sta investendo sulla socializzazione dei bambini e le donne. Ci sono tantissimi nuovi libri didattici con una grafica moderna che promuovono un salafismo soft, un approccio dottrinale non calato dall' alto ma centrato sui bisogni dal basso: è un islam conservativo ma con un paradigma nuovo da cui, in teoria, potrebbe aprirsi la discussione sull'indiscutibile". I testi solastici rappresentano però un'arma a doppio taglio. Se da una parte infatti possono esser usati per fornire nozioni e cultura, dall'altro possono esser usati per fare il lavaggio del cervello ai giovani.
Il che, per Dassetto, apre un altro problema. L'ennesimo. Quello dell'integrazione: "Ho l' impressione che malgrado i tanti appelli seguiti agli attentati del 2015, 2016 e 2017, i ponti abbiano attecchito poco in Europa. Gli studi dicono che anche i giovani di terza e quarta generazione, i figli di genitori nati qui, mantengono una certa esitazione sulla loro appartenenza".
Il tutto, calato nel contesto internazionale, diventa ancora più complesso: "L' America ha una politica islamica, che piaccia o meno: lavora per favorire un islam a cui è interessata, alternativo ai Fratelli Musulmani e ai salafiti. L'Ue invece, nonostante la sua posizione geografica, non ha una strategia che incoraggi un islam meno conservatore. Qualcosa si muove tra i giovani musulmani ma sono isolati, fanno leva sul web e gli "I like" in mancanza di forza sociale, non hanno leader. Eppure è lì che succederà qualcosa, tra i giovani uomini e soprattutto tra le donne, c' è molta attesa". Gli Stati Uniti, come noto, si muovono su un doppio binario per quanto riguarda il mondo islamico. Osteggia l'islam sciita, quello, per capirci, legato all'Iran, e favorisce quello sunnita, sponsorizzato dall'Arabia Saudita e dai Paesi del Golfo. In particolare, si sono serviti dei mujaheddin afghani, sfruttando i loro sentimenti religiosi, per fermare l'avanzata dell'Armata rossa, con risultati non sempre positivi. La stessa Hillary Clinton, grande sponsor dei Paesi sunniti, è costretta ad ammettere nella sua autobiografia Scelte difficili: "Negli anni Ottanta, Stati Uniti, Arabia Saudita e Pakistan armarono i mujahidin afghani che contribuirono a mettere fine all'occupazione sovietica del loro Paese. Alcuni di quei combattenti, compreso Osama bin LAden, avrebbero costituito Al Qaeda, e puntato il mirino su obiettivi occidentali". Uno scenario simile, prosegue l'ex Segretario di Stato, simile a quello siriano, creato con le Primavere arabe. Anche in quell'occasione, gli Usa sostennero alcuni movimenti ribelli legati all'islam politico: "Non era un segreto che vari Stati e singoli individui arabi stessero inviando armi in Siria. Ma il flusso era mal coordinato, con vari Paesi che sponsorizzavano gruppi armati diversi e talvolta in concorrenza tra loro".
608px;">L'islam i trova quindi a un bivio. O aumenta la spinta laica o quella legata alle frange estremiste. E questo cambiamento ci guarda molto da vicino. Come testimoniano le rivolte nelle banlieue e gli attacchi degli ultimi anni.
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