«U n'idea interessante che vale la pena di esplorare». Un portavoce della Commissione Ue commenta così l'indiscrezione del Der Spiegel sullo studio di un'eurotassa.
L'ipotesi rientrerebbe nel progetto di creare un fondo anti-crisi, da affiancare a quelli già esistenti; e poco agevoli da utilizzare. Ma soprattutto nasce dal fallimento (annunciato) del Piano Juncker, che avrebbe dovuto innescare (attraverso l'effetto di leva finanziaria) 315 miliardi di investimenti. In realtà, ogni Paese finisce per finanziare le proprie opere.
L'eurotassa in questione (al di là del nome poco felice: agli italiani riporta alla mente quella del 1997) si ispirerebbe al principio anglosassone di: no taxation, whitout representation . Ma al contrario. La cessione di sovranità fiscale (eurotassa) dovrebbe favorire una maggiore aggregazione politica. Il principio nacque per affermare esattamente in contrario: solo un'identità politica può imporre le tasse. Con lo schema all'esame di Bruxelles si parte con le tasse per poi arrivare all'identità politica.
Lo studio dell'operazione fiscale, fortemente voluta da Wolfang Schauble, ministro tedesco delle Finanze, sarebbe all'esame di un gruppo di esperti, presieduto da Mario Monti. E non è detto che la soluzione che verrà prospettata ai presidente della Bce, della Commissione, dell'Eurogruppo, del Consiglio europeo (i quattro presidenti) conterrà proprio un nuovo balzello destinato ai contribuenti di Eurolandia.
Il portavoce della Commissione Ue spiega che toccherà al gruppo di lavoro di Monti individuare le opzioni migliori che conducano alla creazione di un bilancio unico. «Ci sono anche altre idee», precisa.
Attualmente, il bilancio europeo viene finanziato grazie ai contributi nazionali. Nelle casse di Bruxelles arriva l'1% dell'Iva riscossa in ogni singolo Stato. Un'ipotesi di Eurotassa potrebbe essere quella di alzare questo prelievo dall'1 all'1,25%. Un'altra soluzione potrebbe essere quella di estendere al prelievo europeo non solo il gettito Iva, ma anche quello Irpef.
Il gruppo di esperti non ha ancora sciolto il nodo se questo aumento del contributo europeo deve essere detratto dai calcoli del deficit, oppure no. Di certo, un aumento del prelievo fiscale - seppure camuffato come finanziamento ad un nuovo Fondo Ue - rappresenta una cessione di sovranità politica, oltre ad un potenziale aumento della pressione tributaria.
Una scelta che la stessa Merkel potrebbe non condividere, visto che il prossimo anno sarà alle prese con le elezioni politiche in Germania. Ed andare al voto con la «spada di Damocle» di una cessione di sovranità fiscale non farà certo felici i contribuenti tedeschi. Per non parlare della Francia. C'è la possibilità, poi, che neppure Matteo Renzi potrebbe condividere, visto il piano di riduzione fiscale da 45 miliardi annunciato. E modulato proprio sulle scadenze elettorali interne: via l'Imu sulla prima casa nel 2016, per rispondere alle amministrative; riduzione delle tasse sulle imprese nel 2017; e riduzione dell'Irpef nel 2018.
Tra l'altro, secondo gli schemi del gruppo di lavoro di Monti, questo europrelievo dovrebbe essere varato proprio nel 2017, per trovare applicazione
pratica nel 2018. E se dovesse agire sul gettito Irpef e non dovesse essere detratto dal calcolo del deficit, finirebbe per annullare il potenziale beneficio fiscale, frutto delle anticipazioni del presidente del Consiglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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