"Da un'idea provata in un garage ho portato Geox nel mondo"

Il fondatore della "scarpa che respira" spiega il valore della proprietà intellettuale per la crescita dell'impresa

"Da un'idea provata in un garage ho portato Geox nel mondo"

«Credo nell'innovazione, nella ricerca e nella difesa della proprietà intellettuale e, per questo, sono felice di rappresentare l'immagine di un'Italia creativa e tecnologicamente avanzata, non solo di un Paese concentrato su fashion, food e design» esordisce Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di Geox che, proprio da un brevetto, quello della «scarpa che respira», ha costruito un impero industriale da 900 milioni di euro che lo ha portato ad essere finalista, nel 2012 all'European Inventor Award nella categoria Lifetime achievement. «Sono partito da un garage con un'idea da sperimentare. Oggi Geox impiega oltre 30mila persone ed è presente in 110 Paesi attraverso un network di 1.134 monomarca e più di 10.000 punti vendita» spiega l'imprenditore di Montebelluna che, ieri, ha presieduto la giuria della dodicesima edizione dell'European Inventor Award svoltasi a Venezia e che, appunto, ha annoverato la vittoria di un italiano.

Finalmente due buoni segnale: un presidente di giuria e vincitore italiano.

«Mi auguro che questo possa essere un incentivo, un segnale per un futuro all'insegna dell'innovazione. Purtroppo l'Italia, finora, è rimasta indietro proprio sul fronte della difesa della sua creatività. Nella classifica per Paesi di European Patent Office, l'Italia si classifica solo al decimo posto. Eppure siamo un Paese di inventori nell'arte, nella moda, nei prodotti alimentari. Si pensi alla pizza o caffè espresso che tuttavia sono sfruttate nel mondo dalle multinazionali americane, rispettivamente Starbucks e Pizza Hut. In Italia c'è un ritardo culturale nel capire l'importanza dei brevetti, visti come un tabù da gran parte delle piccole e medie imprese che costituiscono il 90% dell'economia italiana».

Quanti brevetti utilizzate in Geox e quanti ne avete a bilancio?

«Utilizziamo brevetti per le nostre attuali sei linee di produzione, ma ne abbiamo registrati 35 su cui puntiamo per costruire il futuro del gruppo. E, così come i marchi, abbiamo provveduto a registrarli in tutti i Paesi in cui siamo presenti in modo da poter difendere i nostri investimenti e la nostra prospettiva di crescita futura. Crediamo infatti che i brevetti costituiscano una base imprescindibile per lo sviluppo di un'azienda. Non è un caso che, a vent'anni dal lancio, Geox sia ancora l'unica azienda a produrre la «scarpa che respira», nonostante a i tentativi di copiatura subiti. Grazie ai brevetti siamo riusciti a tutelare la nostra proprietà intellettuale e a sviluppare, di conseguenza, la nostra impresa».

Oggi si parla di brevetto unico europeo. In prospettiva ritiene che l'avvio di una sola procedura di registrazione e di tutela a livello europeo possa essere d'aiuto?

«Non solo a me, ma all'intero Paese. Grazie all'introduzione del brevetto unico europeo ci aspettiamo una forte riduzione dei costi rispetto ai livelli richiesti attualmente per procedere alle diverse registrazioni delle invenzioni. E mi auguro che tutto questo possa portare, in futuro, a nuove opportunità per l'Italia, un Paese che non può e deve trasformarsi in una «Las Vegas» per turisti, ma deve essere capace di tutelare il proprio valore d'impresa, attraendo investimenti capaci di trasformare l'innovazione e la creatività in aziende redditizie».

Quanto investite in ricerca?

«Destiniamo

alla ricerca e sviluppo il 2% all'anno. È un tema, l'innovazione, a cui tengo molto. Per me innovare vuol dire unire tre elementi fondamentali: creatività, brevetti e sperimentazione anche collaborando con le Università».

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