Usa-Italia: il disastro non è uguale per tutti

Usa-Italia: il disastro non è uguale per tutti

Miami, iuessei: arriva il temibile uragano Irma coi suoi venti da autovelox e fa tre morti (bilancio aggiornato alle 20 di ieri). Livorno, Italy: arrivano alcune ore di piogge copiose e fanno sette morti e un po' di dispersi (bilancio aggiornato sempre alle 20 di ieri). D'accordo, stiamo paragonando due eventi molto lontani non solo geograficamente. Però questo confronto puramente aritmetico fa impressione, non trovate? La madre di tutte le catastrofi annunciate, capace di trattare come castelli di carte un pugno di isole caraibiche, si trasferisce venti e bagagli in territorio statunitense e miete le stesse vittime di un incidente su una highway. Meno della metà di quanti morti noi - con la nostra imperizia, il nostro scaricabarilismo, la nostra improvvisazione, i nostri «ma-non sapevo», «ma-non-credevo» - consentiamo a un nubifragio di fare in un territorio nemmeno troppo devastato dalla rapinosa speculazione edilizia. Sette morti a tre. Livorno batte Miami. Toscana batte Florida. E non c'è di che inorgoglirsi. Certo: c'è da considerare che la Florida e gli Stati Uniti tutti sono da decenni abituati ai fenomeni meteorologici estremi, sono organizzativamente attrezzati, psicologicamente corazzati. Per gli abitanti di Miami e di Tampa l'evacuazione da disastro annunciato è una triste consuetudine registrata quasi con sgomento da tutti gli osservatori italiani che si sono trovati nell'occhio del ciclone (è proprio il caso di dire) negli ultimi giorni: piacevolmente sorpresi da come milioni di cittadini rispondano disciplinati all'ordine di sgombero emanato dalle autorità e si mettano pazientemente in auto impilati in italianissime code sulle strade verso l'altrove; oppure si barrichino in bunker all'uopo predisposti, dopo aver protetto con assi di legno o pezzi di lamiera le case abbandonate alla furia dell'uragano, nel tentativo di limitare i danni. Però va detto che anche noi dovremmo essere abituati alle nostre calamità in sedicesimo, alle colline franose che franano, alle strade alluvionabili che si alluvionano, ai sottopassaggi infognati che si infognano, alle case costruite a cacchio che crollano al primo terremoto categoria welter. Eppure viviamo ogni disastro con la stessa sorpresa degna di un atto soprannaturale, sospesi tra lo zelo burocratico che ordina lo sbianchettamento di partite di serie A in una regione, la Liguria, dove l'allarme era segnalato in rosso e il fatalismo timbrato e vidimato in una regione confinante, la Toscana, in cui l'allarme scoloriva in arancione. Il fatto che fa più impressione è una piega dolciastra delle cronache dell'alluvione italiana, la notizia che arriva da Amatrice, dove il comune terremotato annuncia di volere aiutare Livorno per restituire parte dell'amore ricevuto da tutta Italia dopo il sisma del 2016.

La solidarietà al cubo esprime il meglio dell'Italia, il cuore del dopo che imbelletta i danni fatti dal cervello del prima. Nel frattempo nel Sud degli States i disperati di Irma senza casa e senza elettricità brindano con un thermos di tè alla vita salvata.

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