Milano - Poter scrivere che esiste un vaccino contro i tumori è la notizia che tutti i giornalisti vorrebbero dare, il titolo più bello fra tutti. Soprattutto per la generazione di chi, come noi, ha visto spezzarsi famiglie e amicizie per colpa di cancri, a volte lentissimi, a volte fulminei, sempre logoranti. La scienza ci dice quello che vorremmo sentire da anni. E cioè che il vaccino c'è. Lo pubblica Nature, una delle riviste scientifiche più attendibili e antiche. Quindi è vero, è fatta, non ci ammaleremo più. Ma alla maggior parte delle persone sfugge un «dettaglio»: Nature è la rivista che annuncia le sperimentazioni. Certificate, con risultati che promettono cure vere. Ma pur sempre sperimentazioni.
I medici e gli scienziati frenano. Non per fare i guastafeste, ma per non illudere i pazienti. Troppe volte abbiamo esultato per cure Di Bella e affini ma abbiamo dovuto restare ancorati alle vecchie ed uniche terapie anti cancro, chemio e radioterapia in testa. Ora, la strada sembra quella giusta ma è davvero presto, tropo presto, per gioire.
«So che lunedì i pazienti ci faranno esplodere i telefoni degli studi medici dopo questa notizia. E anche stavolta, se ridimensioniamo le cose, le mamme ci accuseranno di negare le cure ai loro figli» prevede Mario Santinami, direttore della struttura Complessa di chirurgia Melanoma e Sarcoma dell'Istituto nazionale dei Tumori di Milano. Lui, esperto di melanomi, ha letto con attenzione la ricerca, che parte proprio dal suo settore. «Ma teniamo ben presente di cosa stiamo parlando - sollecita - Cioè di una sperimentazione fatta su due topi e tre pazienti. Da qui a dire che il vaccino funziona il salto è troppo azzardato». Detto questo, con tutte le cautele del caso, Santinami è ottimista ed è convinto che la strada sia quella giusta. Se non altro perché «il vaccino non agisce più per distruggere le cellule della malattia, ma educa il sistema immunitario a combattere il tumore. Però, prima di dire che il vaccino c'è, calma, aspettiamo la sperimentazione clinica. E per quella ci vorranno almeno due anni, anche perché bisogna avere il tempo di testare la capacità di sopravvivenza dei pazienti».
Va con i piedi di piombo anche Silvio Garattini, scienziato e direttore dell'istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri» di Milano: «È stato fatto un buon passo avanti, ma non è la soluzione - spiega - Il progetto è molto promettente. Intendiamoci, non è una cura Di Bella. Questa è una cosa seria. Ma bisogna capire su quali tipo di tumori agisce, a che stadio, quali cellule reagiranno e quali no. Insomma, è troppo presto per un risultato reale. Ci vorrà ancora parecchio tempo».
La frenata sulla ricerca tedesca e sul vaccino universale contro i tumori arriva anche da Paolo Ascierto, direttore della struttura complessa di oncologia medica e terapie innovative dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli: «La ricerca è molto interessante e innovativa, ma anche molto preliminare. Conferma comunque il potenziale dell'immunoterapia contro i tumori». Al di là dell'annuncio del vaccino, l'oncologo testimonia l'ottimismo crescente tra i medici sui risultati delle ricerche contro il cancro. «Abbiamo già farmaci importanti che hanno dimostrato il loro effetto non solo contro il melanoma, ma anche contro il cancro testa-collo, quello della vescica e altre neoplasie. La ricerca contro il cancro va avanti e ai risultati già ottenuti con i nuovi anticorpi monoclonali si aggiungono quelli degli studi sull'immunoterapia».
Insomma, in qualche modo una svolta c'è stata e nel giro di qualche anno il tumore potrebbe realmente essere dominato. Ma il condizionale è d'obbligo. «Cerchiamo di rispettare i pazienti e le loro famiglie, non illudiamoli prima del tempo».
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