San Paolo - «Diventare madri oggi in Venezuela è un atto d'eroismo». Ha ragione da vendere la 28enne Milagros M., e non solo perché a Caracas ormai manca il cibo da dare ai neonati, tanto che sempre più genitori sono costretti a rovistare tra i rifiuti per placare i morsi della fame dei loro figli. Ma basta guardare la fotografia che ritrae Virginia Vargas, neomamma costretta a riposare col figlio appena dato alla luce su una branda sudicia della maternità dell'ospedale pubblico di Cumaná, stato venezuelano di Sucre, a pochi centimetri da immondizia d'ogni tipo, acque di scolo comprese.
Loro due, però, almeno ce l'hanno fatta a differenza di tanti altri bebè, visto che negli ultimi due anni la mortalità infantile nel paradiso del socialismo del secolo XXI è aumentata del 40 per cento, mentre solo una mamma venezuelana su dieci riceve assistenza medica durante la gravidanza. Le altre, invece, o si comprano tutto il necessario per il parto dai guanti alle mascherine per medici e infermiere all'alcol, dalle garze alle soluzioni per le eventuali flebo oltre al kit di gravidanza o si devono presentare in maternità «solo quando la testa del bambino è già fuori» testimoniano furiosi decine di familiari di neomamme venezuelane, fuori da strutture pubbliche ormai allo sfascio. Per questo Milagros, come altre migliaia di donne, ha scelto la via chirurgica offerta dal regime chavista durante i cosiddetti «giorni della sterilizzazione» e - dopo settimane in fila - è «finalmente riuscita» a farsi «chiudere le tube di Faloppio». «È stata una scelta molto dolorosa precisa ma l'ho dovuta prendere dopo la nascita del mio secondo figlio, non programmata. Pillole anticoncezionali e preservativi qui sono ormai introvabili a causa della crisi».
E così se lo scorso settembre aveva fatto il giro del mondo la foto di sei nascituri abbandonati in scatoloni di cartone in un reparto maternità dove mancavano persino le culle, ora l'immagine choc - pubblicata ieri dal Miami Herald - è quella che ritrae lo sguardo pieno d'interrogativi sul futuro di Virginia con al fianco il suo piccolo, circondata da rifiuti focolaio d'infezioni spesso mortali. «Qui non abbiamo neanche l'acqua per poterci lavare le mani dopo gli interventi, figurarsi i farmaci» si sfoga la dottoressa Gladys Zambrano della maternità Concepción Palacios di Caracas, dove ci sono state 700 nascite in meno nell'ultimo anno. La speranza è che anche questa foto serva a riportare l'attenzione dei distratti media mainstream sul dramma umanitario che continua ad avere proporzioni sempre maggiori in Venezuela.
Lo scorso settembre, colpita dai neonati nei cartoni, Dacia Maraini ne aveva scritto in prima pagina del Corriere della Sera per chiedere l'intervento del Santo Padre senza però fare cenno alle vere cause di questo disastro, ovvero le follie economiche del chavismo. Volesse riprovarci, spiegando stavolta i motivi visto che il Papa è intervenuto seppur senza successo, le donne venezuelane gliene sarebbero infinitamente grate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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