Roma - «Fuoco amico», nell'aula del Senato. Il soccorso di Denis Verdini stavolta non c'è e il governo viene affondato sulla riforma Rai con 121 sì contro 118 no. La strana ammucchiata di minoranza Dem, Fi, Lega, M5S, Sel e 2 esponenti del nuovo gruppo Ala del transfuga azzurro toglie all'esecutivo Renzi la delega sul canone dell'azienda pubblica e fa dimettere il correlatore Enrico Buemi (Psi). La condanna del presidente Pd Matteo Orfini è categorica: «Se il voto in dissenso diventa non un'eccezione ma una consuetudine, non si lavora per rafforzare un partito ma per smontarlo». Il vicepresidente dem della Camera Roberto Giachetti definisce «irresponsabile» la minoranza bersaniana: «In queste condizioni - dice - meglio andare al voto».
Quando la maggioranza va sotto di 3 voti (e presiede il leghista Roberto Calderoli, che non partecipa) si diffonde l'impressione a Palazzo Madama che si sia alle prove generali di ben altre battaglie. «È un'operazione scientifica della minoranza Pd - spiega un senatore dem -, per dimostrare quanto è determinante. Paradossalmente, però, così fa alzare il prezzo a Verdini».
Tutto accade sugli emendamenti per sopprimere l'articolo 4, che disciplina il finanziamento pubblico della Rai, presentati dalle opposizioni e dal dem Federico Fornaro con tre colleghi. La fronda anti Renzi si anima e 19 votano con le minoranze. I 10 verdiniani non hanno avuto un'indicazione precisa, così in due contribuiscono ad affossare il governo di cui dovranno essere la «stampella», uno lo appoggia e sette disertano il voto. Come 11 dem, senza contare il presidente del Senato Pietro Grasso.
«Verdiniani o non verdiniani la maggioranza non c'è più. Good morning Vietnam-Senato. Ciao Renzi», gongola su Twitter il capogruppo azzurro a Montecitorio Renato Brunetta. Lucio Barani è l'unico del gruppo Ala ad aver votato contro e ora ribatte: «Il governo è andato sotto non malgrado il nostro gruppo, bensì grazie a noi. Ad essere maliziosi, il voto di oggi dimostra la nostra importanza». Proprio come dicono a casa dem.
Un braccio destro di Denis, Vincenzo D'Anna, lancia subito un messaggio. «La polemica - avverte - non esiste tra Berlusconi, la sua squadra e Verdini. Per prima cosa si sono lasciati da buoni amici, ma poi chiedo: c'è qualcuno che può prendere di petto o insolentire Verdini che è il depositario dei segreti delle carriere politiche di tutti?». E aggiunge: «Se parla Verdini potremmo scoprire che qualcuno ha fatto il ministro perché era una bella ragazza o era funzionale al raggiungimento di determinati scopi da parte di Berlusconi. Verdini ha ingoiato molti rospi, conosce vita morte e miracoli di tutta l'attuale classe dirigente del centrodestra e non c'è nessuno che si possa permettere il lusso o di insolentirlo o di attaccarlo». Una minaccia? «No, ma Verdini sa tutto. Nessuno è in grado di poter litigare con lui. Punto».
Mario Mauro dei Popolari per l'Italia registra che «dopo la nascita del gruppo “Verdini” si manifesta quello “Rossini”».
Per Ernesto Carbone del Pd è «incredibile» l'atteggiamento dei 19 colleghi che hanno votato con Fi e Lega. «Ignobile», incalza Salvatore Tomaselli. Solo il vice segretario Lorenzo Guerini minimizza: «Può capitare. L'emendamento non è importante, lo correggeremo alla Camera».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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